Due nuovi anelli per portalmunfra: Grana a Moncalvo passando da Calliano e da Cereseto a Serralunga di Crea

Continua il pellegrinare tra chiese, vigneti, colline e boschi per il progetto del camminovigliese.it di conoscenza del monferrato.

L’idea è quella di unire tutti i paesi che caratterizzano le quattro grandi aree del Monferrato in unico grande trekking che si possa effettuare in tutte le stagioni.

Il Monferrato Casalese e l’Astigiano sono quelli interessati da questi due anelli di circa 23 km con buoni dislivelli vista la presenza di passaggi in collina tra i vigneti e le strade in costa alta.

La storia medioevale e religiosa con chiese e castelli che si alternano nel paesaggio monferrini rende ancora più interessante e stimolante il passeggiare tra queste terre, una vera occasione di riscoperta del territorio a passo lento.

Per chi volesse organizzare trekking o hiking tra queste colline o nel monferrato contattare DEVIS al 3347918068 sarà occasione per fare una chiacchierata e delineare il miglior percorso giornaliero, il più adatto alle vostre esigenze.

ANELLO GRANA – CALLIANO – MONCALVO 23 KM (1062 D+)

Nel trekking di oggi abbiamo visitato punti di interesse naturalistico, paesaggistico, storico culturale e religioso tipici del monferrato. 

Il percorso di oggi inizia da Grana e dalla sua chiesa parrocchiale. Il sentiero che andiamo ad iniziare è il 503 in direzione SAN DESIDERIO di Calliano. Giunti a San Desiderio dobbiamo proseguire lasciando il sentiero su asfalto e oltrepassare il concentrico. 

Qui facendo attenzione alle auto essendo su strada a veloce scorrimento arriviamo ad un incrocio con Strada Provinciale. Prendiamo la stradina sterrata che porta alle vigne. 

A questo punto possiamo decidere di fare due strade una a destra che aggira la collina, l’altra che sale per un belvedere su tutte le colline. 

La scelta cade su quello e lo spettacolo dall’alto su Grana che ci siamo lasciati alle spalle e Calliano che andremo a visitare è notevole. 

Preso il sentiero andiamo per un piacevole sterrato che ci porta a Calliano. Entrati in Calliano visitiamo il paese e ci dirigiamo in uscita verso Moncalvo, da qui percorriamo tratti su sterrato alternati ad asfalto. 

Arrivati a Moncalvo saliamo lungo la strada che in parte è ristretta per via della caduta del muraglione vicino alla chiesa. Arrivati al termine prima ci dirigiamo verso il nucleo storico e poi verso la chiesa di san francesco. 

Da li dopo una visita alla chiesa, passiamo vicino al monumento ai caduti e al cimitero e riprendiamo il sentiero CAI 505. Il sentiero per lunghi tratti passa tra i vigneti. Poi ad un certo punto ci distacchiamo verso Grana, la strada qui diventa asfalto è secondaria e ci sono poche auto. Il paesaggio è bello e passiamo nel concentrico di Biletta. 

Lasciamo dopo circa 2 km la strada asfaltata per andare su sterrata. Questa strada lungo i campi e vigneti ci porta in costa sino a Grana e alla parrocchiale da dove siamo partiti. 

Bel percorso, 50 per cento su asfalto e 50 su sterrato. Non ci sono purtroppo punti acqua, ma sul percorso bar si incontrano. 

MONCALVO (Moncalv in piemontese) è un comune italiano di 2 833 abitanti della provincia di Asti in Piemonte. 

Di origine romana, Moncalvo fu nel corso dei secoli proprietà della Chiesa di Asti, della famiglia Graffagno, del Marchese del Monferrato, che ne fece la propria capitale, per poi passare al Marchese di Saluzzo (1306) e quindi nuovamente ai Paleologi di Monferrato (1309). Subì varie occupazioni straniere e divenne da ultimo dominio dei Gonzaga del Ducato di Mantova, i quali la cedettero in feudo a diversi signori : nel 1604 a Galeazzo di Canossa, nel 1619 a Rolando Natta, nel 1671 a Filiberto marchese di Ceva. 

Nel 1691 subì il saccheggio da parte delle truppe imperiali comandate da Eugenio di Savoia. Passò infine definitivamente alla casa Savoia nel 1704. Con sue Patenti del 9 agosto 1774 Vittorio Amedeo III di Savoia la dichiarò Città, riconfermando il titolo già attribuitole dal Duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga il 23 marzo 1705. 

Nel 1908 ritorna in possesso delle frazioni di Castellino, San Vincenzo, Patro e Santa Maria che nel 1705 erano state annesse al Comune di Penango. 

La Chiesa Parrocchiale di San Francesco d’Assisi sorge all’estremità sud-est dell’abitato, su un rilievo detto Monteguardo o Belvedere. Fu edificata dai Minori Conventuali forse nel 1272, con l’aiuto di Guglielmo VII, Marchese del Monferrato. Nel 1644 buona parte della chiesa era crollata e fu ricostruita conservando il coro secondo il progetto del frate Vincenzo Rovere. Nella seconda meta del XVIII secolo furono rifatti gli altari laterali e nel 1783 divenne parrocchiale definitiva. L’attuale facciata fu realizzata nel 1932 su progetto dell’architetto Vittorio Mesturino, che riprese i disegni antichi. 


ANELLO CERESETO – SERRALUNGA DI CREA fraz. Forneglio – SANTUARIO DI CREA – rientro da SALA BUE 21 KM (1420 D+)

Nel trekking di oggi abbiamo visitato punti di interesse naturalistico, paesaggistico, storico culturale e religioso tipici del monferrato. 

La partenza avviene dalla chiesa di Cereseto. Lasciato a lato il castello scendiamo verso la statale. Dopo una lunga discesa su asfalto dobbiamo affrontare un tratto di statale pericoloso visto la velocita’ delle auto in transito. 

Da li svoltando a sx torniamo alla lentezza su strada secondaria e dopo aver superato un passaggio a livello e una serie di tornanti arriviamo nel concentrico di Castellazzo.

Visitata la chiesetta ci dirigiamo verso inizio sentiero 702. Noi prendiamo direzione opposta e passando tra tratturi, boschi e vigne arriviamo a Forneglio. 

Da qui la salita a Crea e’ a pochi km ma noi decidiamo di intraprendere il 701 per visitare tutto il verde del parco. Giunti al termine del lungo giro arriviamo sl santuario. 

Dopo una visita alla chiesa (evitiamo di salire alle cappellette) scendiamo a lato su asfalto e intraprendiamo un sentiero a tratturo che poi va verso Sala Bue. 

Arrivati ad un bivio in corrispondenza del cimitero di Sala Bue decidiamo di risalire verso Cereseto senza passare dal paese. 

Il percorso e’ su strada inghiaiata mista a terra. Giunti al bivio verso la,statale deviamo a sinistra per continuare su sterrato ed arriviamo alla strada che con i tornanti sale a Castellazzo. 

Ritorniamo quindi su statale la percorriamo facendo attenzione. Risaliamo verso il castello costeggiando il parco ed arriviamo nei pressi di una chiesetta. 

Chiudiamo l’anello tornando prima al castello poi alla chiesa. 

Bel giro, impegnativo per terreno e salite sino al santuario. 

70 per cento sterrato 30 per cento asfalto. 
Il giro delle cappellette al santuario merita di esser fatto visto il belvedere finale su tutta la catena Alpi dal Monviso al Rosa ben visibili. 

Poche fontane, bar sul percorso. 

Il Sacro Monte di Crea è un Sacro Monte italiano, situato su una delle più alte colline del Monferrato, nei pressi di Serralunga di Crea, in provincia di Alessandria.
Il Sacro Monte si snoda lungo la salita che porta al santuario mariano, e di lì procede lungo un sentiero che, in un bosco di querce e frassini, si inerpica tra le asperità di un friabile terreno roccioso sino ad arrivare alla cappella del Paradiso, posta alla sommità della collina.
Fa parte dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia, sito seriale proclamato patrimonio dell’umanità UNESCO nel 2003. Come gli altri Sacri Monti, anche quello di Crea è situato in un vasto parco naturale, in questo caso il Parco naturale del Sacro Monte di Crea, istituito nel 1980: in esso si realizza quella suggestiva sintesi tra paesaggio, arte e memoria storica, che ne costituisce la cifra interpretativa.

La storia del Sacro Monte di Crea, inizia con quella del convento e della chiesa di Santa Maria, meta di pellegrinaggio devozionale sin dal medioevo.
La tradizione vuole che, come per il Santuario di Oropa, sia stato Sant’Eusebio, vescovo di Vercelli, a salire la collina verso il 350 d.C.; lì avrebbe portato la statua lignea della Madonna col Bambino, ancor oggi venerata, e lì avrebbe fatto edificare un primo oratorio Anche se in realtà la statua della Madonna è del XIII secolo e poco si sa sulla sua provenienza, Eusebio diffuse il Cristianesimo e la devozione mariana tra le popolazioni del Monferrato e delle valli Piemontesi che all’epoca erano ancora completamente pagane

portalmunfra il basso monferrato tre nuovi anelli

  • Val Cerrina da Camino a Cantavenna /
  • Olivola – Casorzo – Grazzano Badoglio – Ottiglio /
  • Alfiano Natta – Rinco – Scandeluzza – Murisengo – Villadeati

PROSEGUE la mappatura degli anelli che porteranno poi a creare Portalmunfra. Il progetto del camminovigliese.it si sta muovendo verso il Monferrato Casalese e al suo completamento proseguirà verso il Monferrato Astigiano per poi scendere verso l’acquese e l’ovadese sino ad un unire in un grande anello Alessandria a tutto il Monferrato.

i tre anelli di cui vi racconto oggi sono differenti per percorso, terreno e paesaggio ma tutti belli e affascinanti ricchi di storie da raccontare e luoghi da vedere.

ANELLO VAL CERRINA – Monferrato Basso Camino – Cantavenna

Percorso misto asfalto 60 per cento sterrato 40. 
Adatto nei periodi primavera autunno e inverno. D’estate le temperature sono un po’ alte e l’ombra la si trova solo nel 30 per cento della camminata.  Poche fontane, no cani liberi su percorso, bello anche in MTB

A Piazzano,frazione di Camino al confine con Mombello, nacque ,in data 2 Giugno 1743,Giovan Battista Boetti,uno straordinario personaggio che,partendo da una piccola borgata del Monferrato,arrivò fino alle lontanissime steppe desolate della Russia centrale dove con il nome di Profeta Al Mansur(“Il Vittorioso”) riuscì a mettersi a capo di ottantamila uomini per conquistare l’Armenia,il Kurdistan e la Circassa ,opponendosi alla potenza bellica della Russia della grande zarina Caterina. 
Al Mansur fu anche medico,guaritore,spia,seduttore, e profeta di una nuova fede che si proponeva di fondere insieme Cristianesimo e Islam (la Croce e la Mezzaluna come ebbe a dire lo storico Franco Cardini). 
Egli fu,infine,catturato e fatto prigioniero dai russi che lo esiliarono sul mar Bianco dove morì nel 1798. 
Una targa posta nel cortile interno di un antico cascinale a Piazzano ricorda le sue straordinarie gesta. 
(Fonte MarioParigi487) 

Camino (Camin in piemontese) è un comune italiano di 796 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte. 
È conosciuto per essere il paese di Giovanni Battista Boetti, che secondo una tradizione sarebbe il profeta Mansur, leggendario frate missionario che nel 1700, trasferendosi in Medio Oriente, diventò capo di un esercito islamico che cercò di sfidare la Grande Caterina II di Russia. 
Serena Vitale ne ha raccontato la storia, senza voler sciogliere l’enigma, ne “L’imbroglio del turbante”. 
A Camino sorge anche un castello, struttura difensiva risalente all’anno 1000; ampliato fino al XVIII secolo, fu sede di soggiorno per diversi esponenti di Casa Savoia. Fa parte del gruppo dei “Castelli Aperti” del Basso Piemonte ed è stato location di vari film. 

Rocca delle Donne è relativamente recente, in quanto il più antico documento conosciuto parla di Rocca Brusasca, il cui possesso è confermato nel 1026 dal diploma dell’imperatore Corrado il Salico all’abbazia di Breme. La lezione più recente vuole invece che Rocca e Brusasca siano due località separate[4]. Del resto per tutto il medioevo il monastero sarà sempre definito come “della Rocca”. 
L’attuale denominazione di Rocca delle Donne, che ha sostituito quella precedente, sarebbe legata alla presenza delle monache, appellate come “Domine”, da cui il nome Rocca Domnarum. 
L’importanza del piccolo monastero, sorto su un promontorio a picco sull’ansa del fiume Po, è confermata nel settembre del 1155 da un atto stipulato tra il vescovo di Vercelli e il Marchese del Monferrato nel claustro di Santa Maria della Roccha. 
Il primo documento che attesta l’esistenza del monastero porta la data del 20 febbraio 1167, quando la proprietà era dei Benedettini di La Chaise-Dieu, in Alvernia, e riguarda una donazione di beni da parte del Marchese Guglielmo di Monferrato. 
Tale generosità è giustificata dalla presenza nel convento della sorella Adalasia e della nipote Agnese, che portarono la comunità monastica ad una ricchezza non comune per l’epoca. 
Luogo di convegni e di trattative diplomatiche, il monastero vide il continuo passaggio di truppe lungo il Po e le devastazioni che insanguinarono le terre del Monferrato durante il passaggio del marchesato di Monferrato dagli Aleramici ai Paleologi. 
Nel 1492 però il Papa Alessandro VI firmava la bolla di soppressione del Monastero, con l’accusa non storicamente provata di cattiva condotta morale delle monache, unendo tutti i beni, i diritti e i privilegi a quello casalese delle Clarisse.

Cantavenna, una delle frazioni di Gabiano, è situata a 350 metri di altezza sul livello del mare, si affaccia in una stupenda posizione sul ciglio ripidissimo delle ultime colline monferrine: il nome avrebbe un’origine ligure (starebbe per “luogo vicino alle acque). 
Ricostruita nel dopoguerra, ha una piazza con un ampio belvedere, su cui si affacciano la cantina dei “Produttori cantavennesi” (Rubino di Cantavenna) e il bassorilievo dedicato al “Contadino difensore della libertà”, opera dello scultore Giannino Castiglioni.

Una seconda opera dello stesso artista è la “Fontana degli emigranti”, dono degli italiani di Chicago a ricordo del contributo rilevante che queste terre diedero al flusso migratorio verso le Americhe. Bella la chiesa parrocchiale di San Carpoforo, sorta nel XIX secolo sullo stesso luogo dove i giacobini avevano piantato l’albero della libertà.

La chiesa ha interessanti decorazioni ed un affresco sulla volta. Parlando di Cantavenna non si deve scordare di citare la stupenda strada che porta il nome di “Panoramica del Monferrato” che la attraversa, permettendo al turista di ammirare uno degli scorci più suggestivi di tutto il Piemonte: distese di verdi colli sulla sinistra, le pendici ondulate del Monferrato casalese, dominate dal Sacro Monte di Crea, a destra la valle del Po con le risaie che quando sono allagate sembrano “un mare a quadretti”!

ANELLO DI 24 KM d+ 1378 ALTEZZA MAX 379 ALTEZZA MIN 137

https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/basso-monferrato-casalese-val-cerrina-porta-al-munfra-anello-camino-cantavenna-e-ritorno-52886230

ANELLO Monferrato Basso Casalese Olivola – Casorzo – Grazzano Badoglio – Ottiglio

In questo trekking troviamo punti di interesse naturalistico, paesaggistico e storico culturale e religioso di vario interesse. 

Parcheggiato ad Olivola nella piazzetta dalla quale si può godere di un bel paesaggio sulle colline ci dirigiamo verso la chiesetta romanica di S.Pietro. Un bel passaggio tra le vigne ci accompagna per circa 600 metri sino ad incrociare la strada provinciale che attraversiamo per ritornare su tratto sterrato da qui saliamo lungo i vigneti per ritrovarci in cresta e proseguire verso Casorzo. 

A Casorzo incrociamo la strada che da Viarigi o Altavilla abbiamo già seguito in un altro percorso. Da li strada asfaltata sino al Bialbero di Casorzo. 

Il Bialbero di Casorzo è un gelso nel quale è cresciuto un ciliegio. La cantina sociale di Casorzo lo ha valorizzato e ha creato un area di ristoro con tavolino. 

Proseguendo si risale per 50 metri a ritroso verso Casorzo poi si sale decisi per una strada sterrato alla sinistra di una bella villa. 

Da qui saliamo ancora e seguiamo i segnavia cai per circa 1 km. Poi una decisa e impegnativa salita ci porta a risalire in cresta per proseguire alla nostra destra. La strada inghiaiata tra le colline ci permette di osservare un paesaggio a 360° su tutte le colline e i paesi intorno a noi tra i quali Grana alla nostra sinistra e Grazzano Badoglio fronte a noi. 

Decidiamo di fare una piccola deviazione tra le vigne per visitare una piccola chiesetta su un cucuzzolo, poi riscendiamo tra i filari per riprendere una via, sempre sterrata che ci porta ad una asfaltata. Teniamo la nostra sinistra ed entriamo nel concentrico di Grazzano Badoglio. 

Qui passiamo dinnanzi al comune e alla prima chiesa, ci dirigiamo verso Ottiglio passando vicino alla casa natale del Maresciallo d’Italia BADOGLIO. 

Usciti dal paese non svoltiamo subito per ottiglio ma saliamo verso Natalina Albergotto lungo la strada viale pininfarina. Qui alla corrispondenza della cascina Spada, facendo attenzione e restando alla sinistra della cascina rientrando dalla strada asfaltata troviamo un lungo sentiero che ci porterà a Ottiglio attraverso il bosco. 

Giungiamo ad Ottiglio da una strada secondaria e risaliamo in paese, il riferimento è via Montiglio che percorriamo anche in uscita. 

Fatta tutta risaliamo verso regione Preda e arrivata all’incrocio per girare verso Moleto tiriamo dritti per arrivare alla statale. Superata risaliamo verso il concentrico di Olivola passando davanti alla trattoria Ca’ Nostra e ritrovando l’auto di fronte alle due chiese. 

Percorso per il 60 per cento su sterrato e 40 per cento su asfalto. 

Pulito al momento del nostro passaggio, poche possibilità di acqua. 

punti di interesse: 

Olivola (Aulìvola in piemontese) è un comune italiano di 117 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte. Si trova su una collina, a 280 metri quota, del Basso Monferrato, a 19 chilometri di distanza da Casale Monferrato e 30 chilometri da Alessandria. Il centro storico comprende la chiesa parrocchiale di San Pietro con campanile romanico. L’economia è essenzialmente agricola. 

Il Bialbero di Casorzo ( italiano : “doppio albero di Casorzo”) si trova tra Grana e Casorzo in Piemonte , Italia. È un gelso su cui cresce un ciliegio. Il ciliegio sorge ben al di sopra del gelso su cui si trova. 

Gli alberi in crescita epifita non sono inusuali, ma normalmente raggiungono dimensioni ridotte e hanno una durata di vita breve, poiché normalmente non c’è abbastanza humus e spazio disponibile dove crescono. 
Grandi epifite come questa richiedono che l ‘”albero superiore” abbia una connessione radicale al suolo, ad esempio crescendo attraverso un tronco cavo. 

Grazzano Badoglio 
(Grassan in piemontese, Grazzano Monferrato fino al 1938) è un comune italiano di 607 abitanti della provincia di Asti. Nel 1938 l’appellativo “Monferrato” fu sostituito dal podestà fascista con l’attuale in onore del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, che vi nacque nel 1871 e dove poi morì. 

L’Abbazia Aleramica, oggi Parrocchia di Grazzano Badoglio, è di rilevante importanza architettonica. Nell’anno 961 il marchese Aleramo I di Monferrato fondò, sul colle dove si erge oggi la chiesa, un’abbazia che affidò ai Benedettini i quali vi rimasero per oltre 4 secoli. 

Di quella prima costruzione rimangono attualmente la torre campanaria romanica, alla quale nel 1910 è stata aggiunta una sopraelevazione; il porticato della vecchia casa parrocchiale con balconcino; il chiostro, oggi ristrutturato e riportato agli antichi splendori; l’abside di forma ottagonale visibile dall’esterno (all’interno sono stati effettuati dei rimaneggiamenti). 

La maggior auge dell’Abbazia aleramica fu tra i secoli XII e XV. Con decreto 16 agosto 1802 la secolare abbazia aleramica venne soppressa dalla legislazione napoleonica, ma l’abate continuò a risiedere in paese con il titolo di “cittadino parroco” (vicario perpetuo). La chiesa attuale, dedicata ai santi Vittore e Corona è stata costruita nel XVI secolo, ma subì svariati rimaneggiamenti e modifiche, nonché ristrutturazioni.

PERCORSO DI 24 KM d+ 1198 ALTEZZA MAX 382 ALTEZZA MIN 157

https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/basso-monferrato-porta-al-munfra-anello-olivola-casorzo-bialbero-grazzano-badoglio-ottiglio-53339320

ANELLO Monferrato Basso Casalese Alfiano Natta – Rinco – Scandeluzza – Murisengo – Villadeati

Nel trekking ai confini tra Monferrato Casalese e Astigiano abbiamo visitato punti di interesse naturalistico, paesaggistico, storico culturale e religioso di vario interesse. 

La partenza e il parcheggio sono in Via Emanuele III ad Alfiano Natta fronte alla chiesa nelle vicinanze del Bar e locanda del Gatto. 

Dopo un iniziale tratto in salita misto asfalto ghiaia, ci ritroviamo ad un bivio e mantenendo la sinistra iniziamo il nostro percorso su sentiero CAI. 

Il percorso prosegue lungo un bel bosco sino a Zanco che attraversiamo completamente. Qui prendiamo per una strada di campagna verso Villadeati e percorrendo un lungo sentiero tra tartufaie arriviamo ad una intersezione che svoltando a destra per due volte ci porta ad una cappelletta intitolata a Maria Vergine. 

Da qui lunga salita , impegnativa sino al castello di Rinco. 

La piccola borgata è di una bellezza unica. Praticamente ogni casa è curata nei minimi dettagli, con particolari costruttivi in cotto che solo la mano di un artista ha potuto creare: alternanza di cordoli, bugnati, decori, elaborate fenestrature aggettanti sulla strada, cornicioni. 
Il tutto fa da corona ai resti del ricetto, ad una torre quadrata, lunga e stretta ed un castello magnifico con pianta ad “U”, eretto nel medioevo ma ristrutturato ed ampliato nei secoli successivi che nel tempo non ha certo perso il suo fascino e trova, nella cornice del piccolo borgo, la sua giusta valorizzazione. 
Anche la piccola piazza di Rinco è molto bella come belli sono i suoi lampioni in ferro battuto e la cura minuziosa con cui sono mantenute le sue case e le sue cascine 

Da qui si scende lungo la provinciale sino a Scandeluzza, qui seguiamo i cartelli della Route del Monferrato con due deviazioni, poi proseguendo verso Nord per 500 metri troviamo una stradina a scendere, la prendiamo e dopo una discesa impegnativa arriviamo sul fondo valle e girando a destra incontriamo il sentiero 204- 

Lo seguiamo per circa 1 km poi svoltiamo a destra e risaliamo verso la cresta. (avremmo potuto girare anche prima e passare tra le due frazioni e fare asfalto) 

Da qui facciamo 2 km su asfalto girando a destra e arriviamo in Fraz. Bacco (da qui svoltiamo su strada secondaria a destra) poco dopo arriviamo nel centro di Murisengo. 

Non entriamo nel paese ma ci dirigiamo immediatamente a destra In Via IV novembre seguendo le indicazioni della SVC Superga Vezzolano Crea. 

Seguendo i segnali bianco e rossi giungiamo a Villadeati. (peccato per il tanto asfalto) 

A Villadeati passeggiamo per il borgo e lo attraversiamo completamente usciti facciamo ancora due km e percorriamo diversi tornanti in salita sino a giungere ad un quadrivia. 

Da qui non seguiamo più le indicazioni SVC ma per il sentiero della fontana delle gocce che attraversa un bel bosco che ci accompagna sino ad 1 km da Alfiano Natta. 

Qui svoltando a destra ripercorriamo la strada che avevamo fatto all’andata e chiudiamo il nostro giro al parcheggio. 

Bel giro tanto asfalto (50%) – non ci sono fontane sul percorso – le strade nelle tartufaie sono autostrade e nei boschi ampi passaggi, ben percorribili da tutti. 

Da fare in tutte le stagioni, in estate però portarsi almeno 2 litri d’acqua. 

PUNTI DI INTERESSE 

Villadeati (La Vila dj’Ati in piemontese) è un comune italiano di 484 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte, situato su un colle ad una altezza di 410 metri sul livello del mare. 
Il comune è insignito della medaglia d’argento al valore civile per i fatti dell’ottobre 1944. 

Il paese deve il suo nome alla famiglia Deati, che ottenne il territorio in feudo nel XIV secolo. Al 1431 risale il primo documento che attesta l’esistenza di De Villa De Deatis. Fu a lungo parte dell’astigiano, sotto il nome di Corte dei Scataldeis; dopodiché rientrò in un sistema militare che poggiava su due castelli che dominavano le valli dello Stura e della Versa. 

Il paese di Villadeati è diventato tristemente noto per gli episodi tragici avvenuti negli anni della Guerra e della Liberazione. 
Nell’autunno del 1944, partigiani della zona uccisero in uno scontro a fuoco un militare tedesco e fecero prigioniero un secondo soldato tedesco, poi riuscito a fuggire molti mesi dopo. 
Per rappresaglia i nazisti irruppero il 9 ottobre 1944 proprio a Villadeati per stanare i partigiani ma, non trovandoli, fecero prigionieri nove uomini e una donna (poi rilasciata) del paese. Fu prelevato anche il parroco di Villadeati, don Ernesto Camurati. 
I dieci arrestati furono portati in uno spiazzo per essere fucilati, ma il parroco offrì la propria vita in cambio di quella dei suoi parrocchiani. La trattativa fu inutile e don Camurati venne fucilato assieme ai nove padri di famiglia: il parroco non morì subito, ma venne finito con due colpi alla nuca dal maggiore Mayer. 

Il 23 ottobre 1944 avvenne una nuova incursione dei nazisti, con le mitragliatrici piazzate dall’alto del paese che procurò la fuga generalizzata degli abitanti: una nuova uccisione si aggiunse all’elenco, portando ad undici il numero totale delle vittime innocenti. 
All’indomani della Liberazione, il 9 maggio 1945 il maggiore Mayer venne catturato a Casale Monferrato ed ucciso sullo stesso luogo in cui avvenne l’eccidio di ottobre. 
Il soldato tedesco fuggito (tale Ernest), partecipante attivamente alla selezione dei dieci arrestati, non venne mai più rintracciato. 

Lapide dedicata a Don Camurati a Casale Monferrato 
Oggi a Villadeati è presente un monumento alle vittime, nella piazza denominata IX Ottobre, dove avvenne l’esecuzione. 
Una lapide in memoria di don Camurati è invece presente in via Goffredo Mameli a Casale Monferrato. 

MONUMENTI 

Chiesa di San Remigio: situata in vicinanza del monumento dedicato alle vittime della rappresaglia nazista, è di antica origine e dedicata al patrono del paese. Per lungo tempo in rovina, è stata ristrutturata e sconsacrata ed è ora adibita ad ospitare eventi culturali 
Castello: il castello antico, del quale non esiste più traccia per le distruzioni operate durante le guerre del Monferrato, è stato trasformato a fine Settecento in una scenografica e pittoresca costruzione di disegno juvarriano, con quattro serie di terrazze e gallerie che seguono il declivio della collina. Il castello è di proprietà dagli anni sessanta della famiglia Feltrinelli[4] 
Parrocchiale di San Giacomo, in località Zanco: risalente al XVI secolo 
Chiesa di San Raffaele: all’interno si possono ammirare affreschi di Raffaele Panizza e del Settecento 

Scandeluzza (in piemontese Scandlussa). Nella parte più alta del paese sorge la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria del Rosario. Nei pressi del cimitero si trova la chiesa romanica dei santi Sebastiano e Fabiano mentre fuori dal paese è situata l’altra chiesa romanica dedicata a Sant’Emiliano (di proprietà privata). 

n frazione Rinco (in piemontese Rinch) sorgono due castelli. Il primo fu edificato nel trecento accanto ad una torre del millecento per accogliere la residenza dei conti Pallio, signori di Rinco e di Castellinaldo; nel XVI secolo questo castello fu dedicato ad ospitare l’esercito ed accanto ad esso ne fu costruito uno nuovo per la famiglia del conte e per gli ufficiali, dotato di giardini all’italiana. 
Recentemente è stato riadattato come residenza privata di lusso. La torre e i due castelli sono oggi in ottimo stato e rendono il borgo di Rinco un luogo incantevole. 

Di soli 57 abitanti, al suo interno la frazione di Rinco comprende altre due più piccole frazioni: Torretta (ove non abita più nessuno stabilmente) e Castelcebro. 

Murisengo (Ambrusèngh in piemontese) è un comune italiano di circa 1 429 abitanti situato nel lato nord-ovest estremo della provincia di Alessandria, in Piemonte, al confine orientale della Valle Cerrina. La citta è conosciuta per aver dato i natali a Luigi Lavazza, fondatore dell’omonimo marchio e della industria di caffè diffusa a livello internazionale. 

Fontana “La Pirènta” 
La fonte di acqua solforosa, detta “La Pirènta”, è posta ad est del paese, alle radici del Montelungo, e nasce da un terreno tufaceo-calcareo. L’acqua solforosa è oleosa al tatto e tramanda un odore di gas idrosolforato; un tempo si adoperava con successo nei disturbi gastrointestinali e nelle malattie cutanee di natura scabbiosa ed erpetica. 

Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo qui fiorì uno stabilimento termale, che divenne un centro turistico molto apprezzato, poi ridimensionato nel periodo tra le due guerre mondiali. L’area venne successivamente riconvertita ad uso industriale ed oggi ospita una polveriera. 

Ancora all’inizio del XIX secolo l’acqua veniva convogliata in due vasche di pietra nelle quali, in estate, si macerava la canapa. Oggi le vasche non sono più visibili e l’acqua scaturisce da una sola bocca leonina incastonata in una fontana di gusto neogotico, risalente al 1859 
A celebrare la storia e l’imponenza di questo antico castello è rimasta la grande torre, rimaneggiata (forse ricostruita) nel 1510, data citata in una targa apposta sulla torre e oggi perduta, e ancora nel XIX secolo; la torre è probabilmente la parte più antica dell’edificio, le cui prime attestazioni indirette risalgono al XI e XII secolo, ma che è stato interamente ricostruito a partire dal XVII secolo. 

Con la caduta dei Marchesi del Monferrato il castello subì molti danni e successive ricostruzioni che lo portarono a perdere la sua “forma” primitiva. Il castello appartenne prima ai Radicati di Brozolo, poi agli Scozia dal 1420 fino al 1883, anno in cui passò al marito di Donna Tarsilla Scozia, Francesco Guasco Gallarati Marchese di Bisio e di Francavilla, oggi identificabili nel paese di Francavilla Bisio. 
Dopo un lungo restauro, committente un privato, il castello dalla metà del 2012 è disponibile per visite guidate durante manifestazioni, eventi, mostre e cerimonie.

DISTANZA 25 KM d+ 1250 ALTEZZA MAX 425 ALTEZZA MIN 157

https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/monferrato-casalese-porta-al-munfra-anello-alfiano-natta-scandeluzza-murisengo-villadeati-e-rientro-53723951

La rete dei percorsi verrà poi pubblicata in una guida che prenderà luce nell’autunno nel frattempo vi ricordo che se volete organizzare dei trekking nel Monferrato potete contattarmi al 3347918068.

langando…

Le Langhe sono un territorio del Piemonte situato tra le province di Cuneo e Asti, confinanti con l’Astesana, il Monferrato e il Roero.

Suddivise in:

  • paesi delle Langhe a bassa quota: zona con quote genericamente inferiori ai 600 m; zona di vini e tartufo (rinomato il bianco di Alba).
  • paesi delle Langhe ad alta quota: zona con quote fino agli 896 m. (Mombarcaro); dominano i boschi e la coltivazione della pregiata varietà di nocciole “tonda gentile delle Langhe”.
  • Langhe Astigiane: zona nel sud della provincia di Asti, con un picco di 851 m nel comune di Seròle.

Il 22 giugno 2014, durante la 38ª sessione del comitato UNESCO a Doha, le Langhe sono state ufficialmente incluse, assieme a Roero e Monferrato, nella lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità.

Domenica scorsa messe da parte le scarpe da trekking, si è deciso di visitare alcuni paesi delle langhe ed in particolare CHERASCO, DOGLIANI e VICOFORTE.

L’ètimo del nome langhe (in piemontese indica proprio la collina) è incerto sta di fatto che il paesaggio è un susseguirsi di colline più o meno spigolose e di distese verdi, in questo momento della stagione, ben delineate e regolari di filari e viti.

CHERASCO: arrivati a Cherasco scegliamo il posto dove pranzare così da esser liberi di fare due passi in tutta libertà.

Visitiamo in ordine:

Gli Archi e la Torre civica
L’Arco del Belvedere venne eretto nel 1647 per la fine della pestilenza del 1630. È il simbolo della città. La Torre Civica, è un edificio medioevale come l’annesso palazzo comunale che presenta un raro lunario su un lato e una meridiana sull’altra facciata.

Il Palazzo Gotti di Salerano
Considerato uno dei più belli della città, ospita il Museo civico Adriani. Edificato nella seconda metà del ‘600, con una facciata austera e molto sobria (in cui spicca il bel portale) stupisce per la ricchezza degli affreschi (del cheraschese Taricco) perfettamente conservati e divisi in quattro sale principali. Ospita una collezione numismatica del padre somasco G.B. Adriani di 12.000 pezzi oltre ad altri documenti e opere d’arte locali.

Il Romanico a Cherasco
Chiesa di San Pietro: conserva la facciata originaria del XIII sec con formelle azzurre e archetti pensili in cui trovano posto numerosi particolari reinseriti successivamente, secondo l’uso dell’epoca, tutti da decifrare.
Chiesa di San Gregorio: notevole il campanile romanico di questa chiesa oggi sconsacrata e utilizzata per mostre e concerti.
Chiesa di San Martino: facciata originale e all’interno affreschi del XIII sec. con un bell’organo appena restaurato.

Il Barocco a Cherasco
Il Santuario della Madonna del Popolo (1693), molto scenografico, conserva una statua lignea della Madonna del Rosario (XVII sec) ed è parte dell’ex monastero somasco; la Chiesa di Sant’Iffredo, ricostruita tra il XVI e il XVII sec. conserva l’altare in marmi policromi e affreschi dell’Operti (altro pittore locale, la cui opera migliore è il salone del palazzo Burotti di Scagnello, oggi sede di un ristorante) e oggi ospita mostre. La cinquecentesca Chiesa di Sant’Agostino si accorda architettonicamente con contiguo Arco del Belvedere, notevoli il portale ligneo e all’interno gli affreschi dell’Aliberti e del Taricco e l’altare barocco.

Gli Spalti, il Convento, il viale dei Platani e il Castello
Visitati durante la passeggiata si svolge lungo il perimetro delle antiche mura che guardano la valle del Tanaro. Partenza dall’ex-convento dei Padri Somaschi (oggi bell’albergo di charme), proprio alla fine dell’erta d’ingresso alla cittadina, si arriva ai giardini sulle mura con il Santuario della Madonna delle Grazie (costruito su un antico pilone votivo con un affresco della Madonna col Bambino che parve lacrimare sangue). Alla fine dei giardini il sentiero corre fino all’angolo nord est dove si può agevolmente imboccare il Viale dei Platani che sembra uscito da una storia di fantasy inglese: i platani secolari sono infatti così deformi e cavi da sembrare antropomorfi. Il viale, forse voluto da Napoleone, conduce al Castello Visconteo, eredità rimaneggiata di quello fatto costruire da Luchino Visconti nel 1348. Svoltando a destra del castello nel nuovo viale, si ritorna all’Arco Narzole e quindi nel centro.

Dopo un buon pranzo nell’Osteria Pane e Vino (che consiglio) ci si dirige verso la seconda tappa del tour

SANTUARIO DI VICOFORTE

Due sono gli aspetti che più colpiscono del  Santuario di Vicoforte.

Il primo è scoprire che la sua cupola è la più grande al mondo tra quelle di forma ellittica ed è la quinta, per dimensioni, dopo San Pietro in Vaticano, il Pantheon di Roma, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze e la cupola del Gol Gumbaz in India.

La seconda è pensare alla sua collocazione ed alle sue origini quasi fiabesche.

A Vicoforte si respira l’aria che sta a metà tra quella delle vicine montagne e quella delle Langhe Monregalesi, già perchè sempre di Langhe si tratta, nonostante questa cittadina sia più vicina a Cuneo che ad Alba, cuore delle Langhe e capitale del Tartufo Bianco.

Dedicato alla Natività di Maria Santissima, il complesso “Regina Montis Regalis” è uno dei principali capolavori del Barocco piemontese, stile architettonico affermatosi in Piemonte da fine ‘500 a inizio ‘700 con l’ascesa del regno Sabaudo. Lo stile è caratterizzato da linee sobrie all’esterno delle costruzioni ericchissime e scenografiche composizioni architettoniche all’interno.

Il periodo barocco è un momento storico ricco di novità e sconvolgimenti: le Americhe sono state appena colonizzate, si susseguono guerre dinastiche, la “scienza nuova” di Galileo Galiei scardina dogmi vecchi di secoli, mentre la consapevolezza dell’ uso della ragione avrebbe da lì a poco aperto la strada all’Illumismoscandagliando gli angoli oscuri della conoscenza.

Tutti questi cambiamenti si sarebbero ripercossi da lì a poco nella musica, nella scienza, nella letteratura e nelle arti figurative.

La costruzione del pilone che originò il Santuario si colloca intorno al 1500. Una tradizione tramanda che esso fu l’omaggio di un fornaciaio, su suggerimento della figlia, per ottenere dalla Madonna la grazia del sole: il cattivo tempo impediva una buona cottura dei mattoni necessari per la costruzione del castello di Vico, antico nome di Mondovì.

Il nome deriva infatti da “Mont ëd Vi“, cioè “il monte di Vico” (“Vi” abbreviato): gli abitanti di Vico, ribellatisi al Vescovo d’Asti feudatario del territorio, la fondarono con Monastero e Carassone.

Nel 1592 lo sparo accidentale di un cacciatore, Giulio Sargiano, colpì inavvertitamente l’effigie ormai nascosta dai rovi e dalla boscaglia: tale fatto, seppure accidentale, venne considerato nefasto dalla popolazione già decimata da peste e miseria al punto che  i vicesi si convinsero a chiedere l’aiuto del cielo.

Nel 1594 attorno al pilone fu costruita, ad opera del diacono del vicino borgo di Fiamenga, Cesare Trombetta, una prima cappella in ringraziamento alla Madonna che in breve tempo raccolse intorno a sé un gran numero di fedeli provenienti da tutto il Piemonte.

L’interesse per tale devozione colpì profondamente la moglie del Duca Carlo Emanuele I, figlia di Carlo V di Spagna, che si adoperò per informare i fedeli, al di fuori dei confini nazionali, dei fatti prodigiosi avvenuti intorno a quella cappella.

Persone da ogni dove giunsero sul posto, incrementando ilcommercio, lo sviluppo urbano e le ricchezze al punto che furono necessari opere urbanistiche di importante rilievo, tra cui un piccolo acquedotto, il primo in questi luoghi, per dissetare i fedeli.

una curiosità: all’interno del Santuario e nell’affresco ritornano alcuni numeri dal forte valore simbolico:

Il numero 3

Tre sono i livelli di cui abbiamo parlato: l’attesa, la vita terrena e la contemplazione nella gloria. Tre è il numero perfetto.

Il numero 8

Tale numero  è il numero della salvezza, otto sono i salvati nell’arca di Noè; nell’ottavo giorno Gesù resuscitò dai morti; il sacramento del Battesimo avviene nel Battistero a forma ottagonale: l’otto è il simbolo dell’infinito, vale a dire dell’eternità.

I grandi finestroni ovali sono otto inondano di luce la volta celeste dove 64 (8×8) stelle dorate (a otto punte) brillano d’oro. Otto coppie di angeli adulti  vegliano sulla vita terrena di Maria. Gli otto profeti sono introdotti da una splendida ghirlanda di Angeli.

per il tour guidato ci siamo affidati a Magnificat e con il biglietto di 15 euro abbiamo potuto visitare in tutta sicurezza la cupola con dovizia di particolari passando in luoghi prima destinati solo a personale clericale e manutentori. Una bellissima esperienza da zero a 60 metri d’altezza compiendo 266 scalini. Consigliato!

Salutata il Santuario verso la strada di casa ci siamo fermati a fare un giro a DOGLIANI, patria del dolcetto, che abbiamo potuto gustare in una bella piazzetta nel bel vedere del Castello, in cima al borgo dove si trova anche una big bench all’ombra di un secolare ippocastano, vicino alla torre secolare.

il viaggio si conclude con un passaggio in auto lungo le colline, attraversando Barolo e i paesi più conosciuti delle Langhe.

VAL GERMANASCA

un tempo nota come Val San Martino, è una valle alpina collocata nella città metropolitana di Torino, diramazione della val Chisone.

La valle è una diramazione della più ampia Val Chisone, alla quale si unisce all’altezza di Perosa Argentina, in bassa valle. Arriva fino a quota 1500 metri nella conca di Prali. Si dirama, lungo il suo percorso, in vari valloni laterali, dei quali il più importante è il vallone di Massello.

La valle è percorsa dal torrente Germanasca, tributario alla destra orografica del Chisone.

Venerdì scorso mi sono recato a trovare un amico che gestisce una baita nella zona di Massello e ho potuto camminare sui sentieri CAI di questa valle alla scoperta della cascata del pis.

E’ una valle che al mio arrivo percepisco sia carica di storia e i racconti delle persone del posto mi aiutano a comprenderla.

La valle subì un avvicendarsi di occupazioni e dominazioni, patteggiamenti, cessioni, liti che spostavano di continuo i limiti delle varie influenze politico-religiose.

Fin dall’epoca longobarda vi operarono i monaci della potente abbazia di San Colombano di Bobbio ed al suo ricco feudo reale ed imperiale monastico, cui dipese l’abbazia di San Dalmazzo di Pedona, mentre in seguito verso il IX secolo la gestione delle vallate saranno poi organizzata dall’abbazia di Novalesa. Dopo le razzie e le distruzioni da parte dei Saraceni nel X secolo, il territorio passerà nel 1064 all’abbazia di Santa Maria di San Verano (oggi Abbadia Alpina) di Pinerolo, fondata dalla marchesa Adelaide di Susa e dai monaci benedettini della Sacra di San Michele dove un tempo sorgeva l’antica pieve intitolata a San Verano.

L’imbocco della valle era protetto dal forte Luigi, una delle piazzeforti di casa Savoia.

Tradizionalmente la Val Germanasca fa parte delle Valli Valdesi, dove la maggioranza assoluta della popolazione segue il culto Valdese, che si riallaccia a Pietro Valdo, perseguitato come eretico nel Medioevo. Nei confronti di queste popolazioni si alternarono in passato periodi di tolleranza a periodi di persecuzioni.

Nel 1533 i Valdesi vi celebrarono un Sinodo per confermare l’adesione alla Riforma protestante. Nel 1556 fu costruito a Ghigo, frazione di Prali, un tempio per tutti i valdesi dell’alta val Germanasca.

Tra il 1630 e il 1655 la popolazione della valle fu colpita dalla peste e successivamente vide distrutti i suoi insediamenti dalle truppe dei Savoia. Nel 1686 gli abitanti si arresero ai francesi, che avevano già distrutto Angrogna e Torre Pellice. Il tempio valdese fu trasformato in chiesa cattolica.

I valdesi ritornarono dall’esilio di Ginevra nel 1689 (il cosiddetto Glorioso Rimpatrio), ma il comune fu nuovamente occupato dai francesi. Passò poi ai Savoia, che cercarono di riportarvi il cattolicesimo: nel 1767 Carlo Emanuele III fece ricostruire una chiesa cattolica nella frazione Villa.

La valle fu poi occupata da Napoleone e nel 1815 passò definitivamente ai Savoia.

Solo con la “libertà” Albertina del 1848, che concesse a quello valdese il carattere di “culto tollerato”, la valle trovò la pace.

La Baita dove sono ospitato è gestita da Andrea che oltre ad essere un buon padrone di casa è anche una guida ambientale escursionistica esperta e mi da indicazioni utili per passeggiare in tutta sicurezza sui sentieri della valle.

Partenza da Balziglia a 1370 m.s.l.m. per il sentiero 216, le indicazioni e i segnavia a terra sono presenti e ben curati, il paesaggio dopo un primo tratto nel bosco si apre verso la cascata, il rumore dell’acqua e i suoni della montagna si fanno sempre più vivi e la salita seppur impegnativa è piacevole.

Continuando a salire incontriamo un pastore con le sue 1200 pecore, qualche asinello e capra. Ci fermiamo a parlare con lui, i suoi maremmani sono sempre attenti a tutto e ci scrutano. Il suo saluto è un lascia passare ai 7 cagnoni che ci fanno proseguire.

Passo dopo passo raggiungiamo quota 1900 m.s.l.m e ci ritroviamo tra i fiori che in questa stagione sono al massimo della loro fioritura.

l’avvicinamento alla cascata purtroppo è viziato dalle nuvole che ci impedisce la vista ma rende ancora più affascinante il paesaggio.

Poco più in là dopo sette kilometri di salita arriviamo alla nostra vetta e decidiamo per il rientro non prima di fare alcune foto a stelle alpine e alla mitica salamandra nera (salamandra atra) parente stretta di quelle che possiamo osservare in pianura e collinacon macchie gialle.

il rientro invece ci regala passate le nuvole un bellissimo scorcio sulla cascata, evidenziando le numerose specie arboree.

Al termine della nostra escursione abbiamo percorso 14 km con un dislivello attivo di 1846 metri in circa 5 ore.

Andrea ci accoglie proprio mentre sta arrivando il temporale, un po’ di vino, formaggio castelmagno, acciughe con il bagnetto verde sono il nostro premio finale.

il suo racconto sulle miniere e sui fatti accaduti nell’800 ci incuriosisce e staremmo ore ad ascoltarlo ma dobbiamo rientrare a casa, è una ottima opportunità per tornare per alloggiare in baita e visitare le miniere.

RIFERIMENTI PER DORMIRE:

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A spasso in Valle Erro

La Valle Erro è la valle che con il suo torrente: l’erro divide e fa da confine tra l’Alto Monferrato e le Langhe Astigiane.

Un bel sentiero a cura del CAI di Acqui Terme numerato 571 che a partire dal centro abitato di Ponti porta a visitare seguendo le indicazioni bianco e rosse i santuari e le chiese di Montechiaro d’Acqui e S. Anna di Castelletto d’Erro. Volendo si possono fare deviazioni (piccole) per visitare i due centri abitati.

Il trekking intrapreso oggi fa parte del progetto #portalmunfrà e lo potete trovare e scaricare in formato gpx sulla pagina che curo su wikiloc https://it.wikiloc.com/wikiloc/spatialArtifacts.do?event=setCurrentSpatialArtifact&id=52077576

Il paesaggio è bello e variabile, in primavera-estate si passa da boschi arricchiti da ginestre, timo e equisetum con vista sui calanchi a campi di girasole alternati a colline di lavanda e vigne.

Dal punto di vista storico si incontrano molte edicole e chiesette, santuari e chiese barocche.

I segnavia sono presenti su tutto il percorso e la segnaletica a terra è ben visibile.

PAESI E LUOGHI DI INTERESSE:

Castelletto d’Erro 

è un piccolo aggregato rurale della provincia di Alessandria collocato tral’Alto Monferrato e la valle Erro dedito all’agricoltura e alla pastorizia.

Le prime informazioni storiche di Castelletto d’Errorisalgono al 1080 e successivamente al 1169 quando alcuni abitanti del luogo donarono il castello ed il territorio limitrofo alla citta di Alessandria; era soprattutto un punto strategico che, attraverso la torre e le poderose mura, serviva da protezione da attacchi nemici saraceni.

Nel XIII secolo Castelletto d’Erro divenne feudo del vescovo di Acqui e la storia attesta che il vescovo Anselmo da Castelletto autenticò diversi diplomi donati dai vari imperatori. Nel primo periodo del XIV secolo passò nelle mani dei marchesi del Monferrato ma per poco tempo in quanto nel 1343 ritornò ad essere feudo del vescovado acquese.

Nel XV secolo con il trattato di Torino passò sotto il dominio dei Savoia e successivamente la sua storia si uniformò con quella del territorio limitrofo dalla val Bormida; nel 1815 venne decretata la provincia di Acqui con la ripartizione in quattro cantoni tra i quali quello di Bistagno che racchiudeva Castelletto, Ponti, Montabone, Rocchetta Palafea e Sessame.

Dal 1860 con il riordino amministrativo del Regno sabaudo venne inglobato nella Provincia di Alessandria.

Tra i suoi monumenti storici la torre medievale a base quadrata edificata attorno al 1330 circondata dal complesso fortificato con i resti delle possenti mura e delle torrette utilizzate per scopo militari e ornata di archetti. È costituita nell’apertura da una feritoia ed all’interno da due volte a botte di cui una come copertura di una cisterna posta alla base della torre.

La Chiesa parrocchiale dell’Annunziata di epoca tardo rinascimentale ma che ad oggi conserva una struttura più moderna dovuta a ristrutturazioni avvenute durante i secoli; all’interno ospita affreschi del ponzonese Pietro Ivaldi detto il Muto del XIX secolo raffiguranti l’Annunciazione, l’Ultima Cena, le virtù cardinali ed il Battesimo.

Infine di rilevante la Pieve di Sant’Onorato di origine antica con abside rettangolare; al suo interno sono conservate parti di affreschi del XVI secolo raffiguranti un martire in vesti di soldato romano.

PONTI

Le origini del Comune di Ponti risalgono all’epoca preromana secondo alcune fonti la fondazione è contestuale a quella della vicina Acqui Terme (Aquae Statiellae). Durante la dominazione romana al borgo venne attribuito il nome di Pontum, derivato dai ponti che i Romani erano soliti costruire sui rii affluenti del fiume Bormida durante la realizzazione della via Emilia Scauri, della quale si può ancor oggi ammirare una pietra miliare (colonna Antonina) risalente al II secolo D.C. e conservata sotto il porticato del palazzo comunale. La colonna è testimonianza del primo ripristino della via Julia Augusta, importante strada costruita dall’imperatore Augusto in sostituzione della suddetta via Emilia Scauri che conduceva da Roma alla Gallia.

Durante il medioevo, Ponti fu feudo dei Marchesi del Carretto come si evince dagli stemmi di famiglia conservati sui muri di alcune antiche case e sui ruderi del castello situati sulla collina del paese.

La successiva storia di Ponti è molto frammentaria negli archivi storici sono presenti soltanto alcuni atti notarili dai quali si attesta la presenza della famiglia dei Del Carretto ancora come marchesi del feudo fino al XVII secolo e la citazione di Giorgio Guerrieri come signore di Ponti.

Nel paese è situata una targa che suggella il gemellaggio tra il borgo piemontese e la cittadina cosentina di Dipignano avvenuto nel 1974 che rievoca un episodio del lontano 1571 quando un gruppo di calderai di Dipignano furono accolti dal marchese Cristoforo del Carretto che diede loro asilo e viveri in cambio della loro abilità nella preparazione di vettovaglie. Inoltre il marchese regalò un enorme paiolo agli ospiti promettendo di riempirlo di farina se fossero riusciti ad aggiustarlo e così fu il nobile mantenne la promessa donando una ingente quantità di farina di polenta.

Principali emergenze storico-architettoniche da visitare a Ponti

L’attuale Chiesa Parrocchiale di Ponti è dedicata a Maria S.S. Assunta in Cielo, si tratta di un edificio di grandi dimensioni situato a fianco della strada statale (antica Via Napoleonica).
E’ stata costruita tra il 1895 e il 1897 in stile rinascimentale, al suo interno è conservato un artistico coro, composto in parte da specchi e schienali di legno d’America, levigati e lucidati a vernice e un grandioso organo del Montesti  rilevato dalla sinagoga degli Ebrei di Torino nel 1933. Le due navate laterali terminano con due altari in marmo, dedicati l’uno all’Immacolata di Lourdes e l’altro a Sant’Antonio di Padova, Patrono della Parrocchia. Le balaustre dell’altare maggiore e di tutte le cappelle sono in marmo bianco. Nell’abside è conservata un’artistica vetrata ovale raffigurante sant’Antonio.

Il simbolo di Ponti è certamente la Chiesa vecchia anch’essa dedicata all’Assunta che dall’alto domina l’intera vallata.
Si tratta dell’abside dell’antico tempio con tre altari (uno dedicato alla Beata Vergine del Rosario) uno nello sfondo di mezzo e due laterali di stile barocco, davanti ai quali si allungava la costruzione a tre navate. Pare che contenesse più di 1000 persone a dimostrazione dell’importanza storica di questo luogo che pare fu coinvolto nelle lotte contro il paganesimo, l’arianesimo e i musulmani.

Nel 1911 la chiesa vecchia, essendo stata abbandonata per la costruzione della nuova, diroccò in parte. In seguito (1919- 1923) venne ricostruita ad opera di privati, abitanti della regione Chiesa Vecchia che si avvalsero dell’aiuto di tutta la popolazione pontese; purtroppo però l’opera di restauro ridusse di molto le proporzioni dell’antica parrocchiale. Durante la seconda guerra mondiale venne usata come deposito di materiale dall’ospedale della Chiappella di Genova ed in seguito venne occupata da forze naziste e repubblichine che la danneggiarono rompendone la porta e un banco di noce. In seguito al decreto del 27/06/1946 e alla domanda fatta dall’Arciprete, don Testa, per risarcimento danni, venne approvata la perizia del Genio civile di Alessandria dal Provveditorato Regionale alle opere Pubbliche per il Piemonte con decreto in data 29/01/1947, ed autorizzata l’esecuzione dei lavori; essi peraltro, ammessa la loro attuazione, furono di scarsissimo rilievo. Prima di venire parte del Beneficio Parrocchiale, che se ne assume gli oneri, la Chiesa era appartenuta alla Compagnia del Santo Rosario che possedeva qui dei beni (informazioni reperite sul portale del Comune di Ponti).

Da segnalare la bellissima torre campanaria a forma quadrangolare, divisa in quattro ripiani, distinti l’uno dall’altro da cornicioni adorni di archettature in rilievo, con la cella campanaria e la stanza dell’orologio (che era sia meccanico che solare) rischiarate da piccole bifore, conferitoie nelle altre parti e finte bifore e trifore di efficace effetto. La rocca del campanile è sormontata da una cuspide a piramide ottagonale, di mattone rosso, che si alza in mezzo a quattro pinnacoli, dello stesso materiale; cuspide e pinnacoli terminavano con una croce.

A breve distanza dalla chiesa Parrocchiale, sorge l’Oratorio di San Sebastiano, ufficiato, un tempo, dalla confraternita omonima. Lacostruzione della chiesa risale al 1600 circa, come risulta da parecchi testamenti di tale epoca nei quali sono contenute disposizione di testatori che elessero in tale oratorio la loro sepoltura, ed al suddetto lasciarono beni e censi. 

Tale chiesa servì sempre come succursale dell’antica parrocchia, a comodità degli abitanti del borgo, quando quest’ultima era situata sul colle soprastante.

Montechiaro d’Acqui

è un borgo diviso tra la parte bassa di fondovalle e caratterizzata da costruzioni più moderne e la parte alta di epoca antica costruita a difesa dalle incursioni saracene.

Il borgo rurale alto domina l’appennino ligure e le vallate della Bormida e dell’Erro tra la fitta vegetazione di ginestre  e la meravigliosa bellezza dei calanchi. Il centro storico è caratterizzato da un’architettura rurale segnata dall’uso diffuso della pietra arenaria e dalla presenza di portalimedievali, voltoni passanti e strade lastricate in pietra. Questo centro storico è stato scelto nel 1999 come scenario del film “Il partigiano Johnny”, tratto dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio ed è stato definito il più ben conservato centro storico delle Langhe.

Montechiaro ha origini preromane con un ruolo importante sul piano commerciale come stazione di posta lungo la via Aemilia Scauri; nel VII secolo d.C. il borgo è collocato nei pressi della pieve del Caurocome emerge dai resti di ruderi e da un fonte battesimale monolitico custodito all’interno dellaChiesa di Sant’Anna a Piana.

Nel XIII secolo ha origine il borgo di Montechiaro Alto derivato dallo spostamento dei traffici verso la Liguria. Sempre nello stesso secolo il marchese Delfino del Bosco consegna il feudo ad Alessandria,ma dopo poco tempo torna alla sua autonomia sotto il marchesato dei Del Carretto.

Nei secoli successivi Montechiaro venne sottomesso agli Sforza di Milano, agli Scarampi di Cairo, aimarchesi di Canelli fino ai Gianazzo di Pamparato che dopo un atto di fedeltà ai Savoia, mantennero il possedimento del feudo.

Principali emergenze storico architettoniche

Tra le bellezze artistiche da ammirare la Chiesa parrocchiale di San Giorgio del XVI secolo, costruita sulle fondamenta dell’antica Chiesa di Santa Caterina. All’interno sono conservati uno splendido pulpito in legno, una Madonna settecentesca di scuola genovese del Maragliano, colonne in pietra arenaria, altari in stucco e le venerate reliquie delle “Spine della Corona di Gesù Cristo “ che una leggenda narra portate in questo luogo dalla terra santa da un cavaliere crociato.

Da citare l’Oratorio di Santa Caterina che ospita il museo contadino con la presenza di oggetti ed attrezzi agricoli dei secoli passati; sempre di argomento religioso è il santuario della Carpeneta del XVII secolo costruito attorno ad un pilone del XVI secolo a devozione della Madonna della Misericordia raffigurata in un affresco.

Di particolare rilevanza la Pieve di Montechiaro Piana dell’VIII secolo con i suoi resti tra i quali tracce dell’abside in stile romanico, accanto sorge la nuova chiesa di Sant’Anna che conserva al suo interno una vasca battesimale per immersione che era ubicata all’interno della struttura della vecchia pieve.

Montechiaro possiede anche altre singolari bellezze tra le quali la ciminiera di una fornace di mattoni del XX secolo rimasta attiva fino agli anni settanta del secolo scorso e le ville Veirana ed Anna del XX secolo, la prima privata mentre la seconda il stile liberty, attualmente abbandonata, fu durante il secondo conflitto mondiale il quartier generale dell’esercito tedesco di istanza nel territorio.

Tra gli eventi di Montechiaro un cenno particolare merita la fiera del bue grasso a dicembre, una delle esposizioni bovine riconosciute a livello regionale anche per la presenza di prodotti legati allatradizione contadina locale.

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la notte di SAN GIOVANNI

la tradizione popolare è ricca di episodi, riti e ricette contadine relative alla notte più corta dell’anno che corrisponde anche al solstizio d’estate

RITI E USANZE NEI SECOLI dai pagani al cristianesimo

Da secoli i riti, le usanze, le tradizioni e le leggende hanno caratterizzato e connotato la “Notte di san Giovanni Battista”, tra il 23 e 24 giugno. Per alcuni popoli è la notte più incredibile dell’anno, celebrata da tempi lontani con riti e usanze popolari ed è di origine pagana. La festa veniva commemorata anche dal popolo romano, fin dai primi secoli, con la credenza che sotto lo splendore delle stelle si mescolassero culti e incantesimi.
Molti popoli, ancora oggi, nella “Notte di san Giovanni” sono soliti posare di fronte alla soglia di casa un piccolo mucchio di sale o una scopa di grossa dimensione, per proteggersi dall’intrusione, non certo piacevole, delle streghe.

usanza di tale notte è la raccolta di un cardo e bruciacchiarlo, nasconderlo, poi, in una fessura del muro e osservarlo la mattina seguente e se si presenta fresco come al momento della sua raccolta sta a significare che l’AMORE è in arrivo; come pure prendere un uovo, separarlo dal rosso, prendere l’albume e lasciarlo in un bicchiere sul davanzale della finestra e se al mattino l’albume è ricoperto di bollicine è un chiaro segno premonitore dell’arrivo di un uomo bello, buono e ricco.
Anche la tradizione cristiana ha “impreziosito” la “Notte di san Giovanni” con la “Rugiada di san Giovanni” che rappresenta le lacrime che Salomè versò a seguito del pentimento per aver prima desiderata e poi causata la decapitazione del Battista. Salomè in preda alla disperazione e al rimorso coprì la testa del Santo di baci e lacrime di disperazione ma all’improvviso la bocca del Battista si spalancò facendo uscire un vento fortissimo che la spinse, insieme alla madre, in aria dove ora vaga e vagherà per tutta l’eternità.
Secondo un’altra tradizione nella “Notte di san Giovanni” cade la “rugiada degli Dei” dalla forza generatrice ed energica e il bagnarsi gli occhi con la rugiada si compie un gesto di purificazione che rimanda al Battesimo e si racconta, altresì, che raccoglierla e, poi, berla allontani il malocchio e favorisca la fecondità.

RICETTE E LIQUORI LEGATE ALLA TRADIZIONE CONTADINA

Nelle regioni meridionali la notte si San Giovanni è propizia per preparare il NOCINO che resterà a riposare sino al 31 ottobre.

I puristi della tradizione si preparano alla notte più corta dell’anno: la notte di San Giovanni Battista. Una notte carica di mistero in cui da secoli si ripete l’antico rituale del Nocino, il famoso digestivo dei nostri nonni. 

Un rito a cui sono legate numerose credenze che rendono la figura di questo santo in bilico tra il sacro e il profano. Una tra le tante collega la notte a cavallo tra il 23 e il 24 giugno ad una particolare danza attuata dalla streghe intorno ad un noce che secondo la leggenda era ubicato nei pressi dello Stretto di Barba, sulla strada che da Benevento porta ad Avellino, vicino ad Altavilla, precisamente dove si trova un boschetto fiancheggiato da una chiesa abbandonata, o in un’altra località di nome Piano delle Cappelle. Si dice che proprio qui le streghe si riunivano per celebrare i loro riti demoniaci.

Esse infatti utilizzavano il mallo di noce per creare pozioni magiche con cui incantare gli uomini. Sempre attorno a questo albero preparavano pozioni magiche addirittura per unire in coppia coloro che le bevessero. Chi aveva la sfortuna di finire sotto la maledizione delle streghe aveva come unica possibilità quella di utilizzare le erbe di San Giovanni, ovvero il santo morto decapitato per volere di Salomé, la figlia di Erode, la piú seducente e perfida strega di tutti i tempi. Era questa la vittoria del bene sul male,  quando la notte più corta dell’anno, la luce trionfa sulle tenebre. Nasce così la tradizione del Nocino: dalla raccolta dei frutti ancora acerbi in questo giorno, a cui segue la loro macerazione in alcool, un modo per estrarne la ‘rugiada’ magica, panacea di tutti i mali e dotata di virtù miracolose. “

RICETTA TRADIZIONALE DEL NOCINO

Le noci ancora acerbe, in numero dispari, vengono tagliate e vengono messe a macerare nell’alcool fino alla notte dei morti il 31 ottobre, notte dedicata alla dea romana Pomona dea dei frutti e dei semi.

La tradizione vuole che siano le donne a piedi nudi a raccogliere le noci ancora acerbe dal noce.

Preparazione Nocino di San Giovanni

Occorrono 23 noci verdi tagliate in 4 spicchi e colte nella notte del 23 giugno,un pezzo di stecca di cannella, 10 chiodi di garofano,10 chicchi di caffè, la parte gialla della scorza di 3 limoni, 350 ml di alcool a 95 gradi, 500 grammi di zucchero e 300 ml di acqua.“

Come si prepara:

In un vaso di vetro mettere le noci assieme all’alcool e lasciate macerare sino al giorno seguente quando si aggiungono la cannella, i chiodi di garofano, la parte gialla della scorza dei limoni. Si lascia macerare ancora fino al 3 agosto avendo cura di agitare il tutto almeno un paio di volte al giorno. Trascorso questo periodo si filtra e si aggiunge lo zucchero disciolto a bagno bagnomaria in acqua calda e a fuoco lento. Si lascia raffreddare e si imbottiglia. Il liquore si consuma lentamente, un bicchierino alla volta, durante tutto l’arco dell’anno e diviene un eccellente digestivo. “

la nascita di San Giovanni Battista di cui i Vangeli ci dicono che era figlio di Zaccaria ed Elisabetta e che fu generato quando i genitori erano in tarda età avviene il 24 giugno è a lui la tradizione lega la raccolta delle erbe di campo

La notte tra il 23 e il 24 giugno, quella in cui verrà celebrata la nascita di San Giovanni Battista, è detta “notte dell’iperico”. In essa le erbe sono cariche di virtù, in particolare l’iperico; così chiamata perché i suoi fiori giallo-oro sbocciano a fine giugno, con l’arrivo della festa del Santo.

Quest’erba, utilizzata per curare le ferite dei Crociati, veniva ritenuta benefica. Con l’oscurità si raccoglievano le nuove erbe per comporre il cosiddetto mazzetto di San Giovanni, volto a scacciare il malocchio, a portare fortuna e, se messo sotto il guanciale prima di andare a dormire, a portare dolci sogni premonitori.

Il mazzetto è composto da 7 erbe:

  • iperico o scaccia-diavoli, contro il malocchio
  • artemisia per la fertilità
  • ruta
  • mentuccia
  • lavanda
  • aglio
  • prezzemolo
  • rosmarino

…tutte erbe che assicurano buonumore, prosperità, allontanano le negatività.

SENTIERIeTISANE

cercare camminando fiori e piante per fare tisane ed olii essenziali



Nell’ultimo periodo sta trovando sempre più interesse la riscoperta delle piante officinali e di quelle per fare tisane.

il progetto del camminovigliese.it è quello di far conoscere le piante e i fiori che fanno parte del nostro ambiente e che possiamo trovare lungo i sentieri da noi percorsi.

A seconda della stagione lungo le strade bianche o nei prati possiamo trovare dei veri e propri tesori.

A maggio e giugno ad esempio potremo trovare, malva, camomilla, cardo e nel rispetto della pianta e dell’ambiente raccoglierle per farle diventare con cura tisane, olii essenziali, creme o liquori

Il tour di 3 ore permette a tutti di apprendere le basi per il riconoscimento delle piante e della loro gestione dopo la raccolta.

per informazioni su gita e materiale da portare con se, misure anticovid contattare 334/7918068 DEVIS

grazie

escursione tra i filari e la pietra di cantone

Sabato 22 febbraio saremo impegnati in una escursione tra le vigne di Rosignano Monferrato e Cella Monte con le sue case costruite con la tipica pietra di Cantone.

La partenza è da Rosignano Monferrato – Piazza Faletti. dove si potrà lasciare la macchina https://goo.gl/maps/YLC6Vhb8AD1dKcSM8

il ritrovo ore 8.45 con partenza alle ore 9. IL PERCORSO è DI 12 KM – 536 m D+ dislivelli collinari. Terreno misto asfalto/sterrato. 30 posti MAX.

il percorso è scaricabile da wikiloc https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/porta-al-munfra-rosignano-monferrato-cella-monte-e-ritorno-38290679

La Pietra da Cantone presente a Cella Monte e nei paesi vicini (ad esempio Moleto) è una delle pietre da costruzione mioceniche più pregiate, reperibili sul territorio italiano. E’ formata da strati marini calcarei e marnosi, che sono stati datati al Burdigaliano-Langhiano (da 20 a 14 milioni di anni fa) sulla base dei microfossili in essi contenuti.

La sua storia geologica, come quelle di numerosi depositi miocenici simili, è legata allaformazione della catena appenninica. In questo periodo geologico, il paesaggio monferrino era molto diverso da quello collinare attuale. La Pianura Padana era occupata da mari più o meno profondi e da isole che si formavano e venivano successivamente sommerse dal mare, a seconda dei movimenti dell’Appennino.

Circa 20 milioni di anni fa, una di queste isole occupava gran parte del Monferrato Casalese. Il suolo dell’isola era formato dai sedimenti marini eocenici, oligocenici e miocenici emersi, appartenenti alle “Marne da cemento” (Formazione di Casale Monferrato) o alle più recenti Formazioni di Cardona e di Antognola, che si erano formati a partire da circa 56 milioni di anni fa.

A partire da 14 milioni di anni (Miocene – Serravalliano) il clima diventò più freddo, il mare si approfondì ulteriormente su tutto il casalese, fino a raggiungere anche profondità di oltre 200 m; sui fondali si depositarono le Marne di Mincengo. Queste rocce, più argillose delle precedenti, per le loro proprietà refrattarie furono cavate in lastre nelle cave di Uviglie; per questo motivo erano conosciute anche come “pietre da forno”. Il mare ricoprì il territorio ancora per molti milioni di anni, finché a partire dal Messiniano (7-5 milioni di anni) questi sedimenti marini si ripiegarono, iniziarono ad emergere dal mare, formando le colline monferrine. Circa 3.5 milioni di anni fa (Pliocene inferiore)il mare si ritirò definitivamente dal Piemonte.

Dopo questi eventi geologici, la Pietra da Cantoni e i depositi marini più recenti, furono in gran parte erosi ad opera dei corsi d’acqua, degli agenti atmosferici o dei cambiamenti climatici quaternari (glaciazioni), facendo riaffiorare i depositi marini più antichi sottostanti. Questi ultimi, di età comprese tra 56 e 20 milioni di anni fa, sono riferibili alle marne eoceniche della Formazione Casale Monferrato fino alle più recenti marne oligo-mioceniche della Formazione di Antognola.

fonte https://www.ecomuseopietracantoni.it/pietra-da-cantoni/

A Rosignano potremo dopo aver fatto un giro per il paese immergerci nelle campagne e risalendo al termine della nostra gita scoprire la BIG BENCH Nei pressi di Madonna delle Grazie, addentrandosi per un breve tratto tra i vigneti, trova collocazione la prima Panchina Gigante del Monferrato.

Inaugurata nel 2017 si tratta della Big Bench n. 41 “Rosso Grignolino”, da cui si può godere di una vista mozzafiato sulle colline circostanti del Basso Monferrato, fino alle Alpi ed agli Appennini. La panchina è alta più di 2 metri e lunga 3,5 metri e rientra nel progetto ideato dallo statunitense Chris Bangle che ha già coinvolto altre località in Piemonte.

I posti sono limitati a 30 persone, durante il percorso ci fermeremo al bar di Cella Monte per un caffè e una pausa bagno.

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA AL 334/7918068

grazie


PFAS legami con osteoporosi e malattie cardiovascolari

ESISTE UNA COSA CHIAMATA PFAS ovvero un inquinante ambientale, in Veneto hanno scoperto che questo ha colpito le falde acquifere (nel link il servizio di focus) e che la diretta conseguenza sono malattie e neoplasie. 
il Professor Carlo Foresta è ordinario di endocrinologia all’università di Padova e ha scoperto attraverso uno studio documentato che i PFAS interferiscono con la vitamina D a partire dall’età giovanile (conseguenza OSTEOPOROSI). 


Nella zona di Alessandria e dintorni, le falde acquifere sono su 7 strati e nei primi due hanno già verificato che questi problemi esistono… i primi due sono quelli che danno acqua ai nostri acquedotti… all’acqua che va per annaffiare i nostri orti, i campi ect… le conseguenze sono facilmente intuibili

Nei due link sotto potete approfondire l’argomento e farvi un’idea

https://it.wikipedia.org/wiki/Acido_perfluoroottansolfonico

https://www.focus.it/…/acqua-e-inquinamento-che-cosa-sono-i…

il nostro presente è il futuro dei nostri figli, non possiamo essere così poco attenti ad una visione futura.

#SCOPRIAMOINOSTRISENTIERI Sabato 8.2.2020 Sentieri Partigiani

Con l’aiuto del Comune di Bergamasco stiamo realizzando il progetto di una camminata sui sentieri della memoria che ricordano le gesta dei partigiani nel 1944 durante il periodo della REPUBBLICA PARTIGIANA DELL’ALTO MONFERRATO.

Nell’estate del ’44 si costituisce, soprattutto nel territorio a Sud del Tanaro, una fitta rete di Comitati di liberazione nazionale, di cui il più importante è quello di Nizza Monferrato perché nasce nella città che, con Canelli, rappresenta il centro urbano di riferimento per tutta la zona meridionale della provincia. E’ il periodo della “grande stagione della Resistenza”, della grande illusione sulla prossima e vittoriosa conclusione della guerra.

La zona è ormai matura per perfezionare e consolidare l’esperimento di autogoverno democratico con l’istituzione di un vero e proprio organo dirigente politico che si occupa di impartire direttive comuni nei vari settori, di regolarizzare normative in determinati ambiti, che funga da organo centrale di coordinamento.

Nasce così la zona libera dell’Oltretanaro, che nell’autunno del 1944, dà vita alla repubblica partigiana dell’Alto Monferrato che coordina l’attività di quaranta comuni controllati ed amministrati dalle forze partigiane ed antifasciste con sede a Nizza Monferrato e ad Agliano Terme. Il massiccio e violento rastrellamento nazifascista del 2 dicembre 1944 pone fine a quest’esperienza, causando lo sbandamento delle cinque divisioni partigiane operanti nella zona ma anche la fine di quell’illusione di pace e di libertà che le popolazioni contadine avevano imparato a conoscere per pochi mesi.

La memoria dei luoghi che andremo a visitare tra i quali anche CASTELNUOVO BELBO E BRUNO viene custodita dalle amministrazioni e dall’ISTRAT che insieme ad altre organizzano eventi e ricorrenze.

A Castelnuovo Belbo feremo visita alla collina CARLSON, dove un cippo ricorda la morte di un pilota alleato precipitato con il suo aereo dopo aver aiutato i partigiani durante lo scontro del 4 novembre 1944. La sua dipartita avvenne quando al secondo assalto da parte di due aerei statunitensi, pilotati dal capitano Zane Elwood Carlson e dal tenente Kregloh, la contraerea tedesca centrò uno dei velivoli. Carlson riuscì a gettarsi col paracadute, ma a bassa quota: soccorso dai civili, morì mentre i partigiani lo trasportavano all’ospedale di Nizza Monferrato. La battaglia infuriò a lungo e segnò anche il grave ferimento del partigiano Donato Rivella, che successivamente perì.

A Bruno . Il 20 ottobre 1944, tre colonne di militari dell’esercito repubblicano, della GNR e della Brigata Nera di Alessandria, coadiuvati da militari tedeschi attaccano la zona libera. Si registrano scontri nella zona di Quaranti, Mombaruzzo e Bruno. A Mombaruzzo vengono catturati tre partigiani, uno di loro, Pietro Boidi, viene seviziato e quindi fucilato. Negli scontri perde la vita un altro partigiano, a Bruno.

Nei rastrellamenti che seguirano a Bruno e Mombaruzzo 8 case vengono date alle fiamme nella zona di Mombaruzzo stazione.

Durante la visita ci sarà la possibilità di visualizzare sul campo di battaglia i luoghi dove si combattè e sentire testimonianze dei figli e nipoti dei partigiani che parteciparano agli eventi in essere.

Se vi interessa l’argomento si può approfondire con la bibliografia che pubblico qui sotto:

Bibliografia: Anna Bravo, La repubblica partigiana dell’Alto Monferrato, Giappichelli, Torino, 1964, pp. 60-68. Luigi Carimando, Mario Renosio, La guerra tra le case. 2 dicembre 1944, L’Arciere, Cuneo, 1988 Davide Lajolo, A conquistare la rossa primavera, Rizzoli, Milano, 1975, pp. 142-148 Nicoletta Fasano, Mario Renosio, Un’altra storia. La Rsi nell’Astigiano tra guerra civile e mancata epurazione, Israt, Asti, 2015, pp. 195-197 Nicoletta Fasano, Mario Renosio, Dare un volto alla memoria, «Asti contemporanea», n. 5, 1997, pp. 8- 157. Mario Renosio, Colline partigiane. Resistenza e comunità contadina nell’Astigiano, Franco Angeli, Milano, 1994, pp. 172-176 Mario Renosio (a cura di), Vittime di guerra. I caduti astigiani nella seconda guerra mondiale, Israt, Asti, 2008

COLLINA C. CARLSON nelle campagne di Castelnuovo Belbo




percorrenza circa 12 km – TEMPO PREVISTO PER ESCURSIONE 3 ORE E MEZZA – INTERVENTI SUL PERCORSO 30 MINUTI divisi tra Bergamasco e Castelnuovo Belbo. PERCORSO SU STERRATO, TERRA BATTUTA E ASFALTO – DI FACILE PERCORRENZA in alcuni punti richiede un minimo di allenamento alla salita. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ENTRO IL VENERDì 7 FEBBRAIO AL 3347918068 partenza dal campo sportivo comunale di Bergamasco.

Munirsi di abbigliamento idoneo per il freddo (guanti e cappello), si consiglia di portare con se qualche alimento e the caldo.

PARTENZA DA PARCHEGGIO CAMPO SPORTIVO BERGAMASCO per arrivarci clicca qui:

https://goo.gl/maps/m4GwVgmcJRu3UJ1g7


Un abbraccio vuol dire “Tu non sei una minaccia. Non ho paura di starti così vicino. Posso rilassarmi, sentirmi a casa. Sono protetto, e qualcuno mi comprende”. La tradizione dice che quando abbracciamo qualcuno in modo sincero, guadagniamo un giorno di vita.
(Paulo Coelho)