un tempo nota come Val San Martino, è una valle alpina collocata nella città metropolitana di Torino, diramazione della val Chisone.
La valle è una diramazione della più ampia Val Chisone, alla quale si unisce all’altezza di Perosa Argentina, in bassa valle. Arriva fino a quota 1500 metri nella conca di Prali. Si dirama, lungo il suo percorso, in vari valloni laterali, dei quali il più importante è il vallone di Massello.
La valle è percorsa dal torrente Germanasca, tributario alla destra orografica del Chisone.
Venerdì scorso mi sono recato a trovare un amico che gestisce una baita nella zona di Massello e ho potuto camminare sui sentieri CAI di questa valle alla scoperta della cascata del pis.
E’ una valle che al mio arrivo percepisco sia carica di storia e i racconti delle persone del posto mi aiutano a comprenderla.
La valle subì un avvicendarsi di occupazioni e dominazioni, patteggiamenti, cessioni, liti che spostavano di continuo i limiti delle varie influenze politico-religiose.
Fin dall’epoca longobarda vi operarono i monaci della potente abbazia di San Colombano di Bobbio ed al suo ricco feudo reale ed imperiale monastico, cui dipese l’abbazia di San Dalmazzo di Pedona, mentre in seguito verso il IX secolo la gestione delle vallate saranno poi organizzata dall’abbazia di Novalesa. Dopo le razzie e le distruzioni da parte dei Saraceni nel X secolo, il territorio passerà nel 1064 all’abbazia di Santa Maria di San Verano (oggi Abbadia Alpina) di Pinerolo, fondata dalla marchesa Adelaide di Susa e dai monaci benedettini della Sacra di San Michele dove un tempo sorgeva l’antica pieve intitolata a San Verano.
L’imbocco della valle era protetto dal forte Luigi, una delle piazzeforti di casa Savoia.
Tradizionalmente la Val Germanasca fa parte delle Valli Valdesi, dove la maggioranza assoluta della popolazione segue il culto Valdese, che si riallaccia a Pietro Valdo, perseguitato come eretico nel Medioevo. Nei confronti di queste popolazioni si alternarono in passato periodi di tolleranza a periodi di persecuzioni.
Nel 1533 i Valdesi vi celebrarono un Sinodo per confermare l’adesione alla Riforma protestante. Nel 1556 fu costruito a Ghigo, frazione di Prali, un tempio per tutti i valdesi dell’alta val Germanasca.
Tra il 1630 e il 1655 la popolazione della valle fu colpita dalla peste e successivamente vide distrutti i suoi insediamenti dalle truppe dei Savoia. Nel 1686 gli abitanti si arresero ai francesi, che avevano già distrutto Angrogna e Torre Pellice. Il tempio valdese fu trasformato in chiesa cattolica.
I valdesi ritornarono dall’esilio di Ginevra nel 1689 (il cosiddetto Glorioso Rimpatrio), ma il comune fu nuovamente occupato dai francesi. Passò poi ai Savoia, che cercarono di riportarvi il cattolicesimo: nel 1767 Carlo Emanuele III fece ricostruire una chiesa cattolica nella frazione Villa.
La valle fu poi occupata da Napoleone e nel 1815 passò definitivamente ai Savoia.
Solo con la “libertà” Albertina del 1848, che concesse a quello valdese il carattere di “culto tollerato”, la valle trovò la pace.
La Baita dove sono ospitato è gestita da Andrea che oltre ad essere un buon padrone di casa è anche una guida ambientale escursionistica esperta e mi da indicazioni utili per passeggiare in tutta sicurezza sui sentieri della valle.
Partenza da Balziglia a 1370 m.s.l.m. per il sentiero 216, le indicazioni e i segnavia a terra sono presenti e ben curati, il paesaggio dopo un primo tratto nel bosco si apre verso la cascata, il rumore dell’acqua e i suoni della montagna si fanno sempre più vivi e la salita seppur impegnativa è piacevole.
Continuando a salire incontriamo un pastore con le sue 1200 pecore, qualche asinello e capra. Ci fermiamo a parlare con lui, i suoi maremmani sono sempre attenti a tutto e ci scrutano. Il suo saluto è un lascia passare ai 7 cagnoni che ci fanno proseguire.
Passo dopo passo raggiungiamo quota 1900 m.s.l.m e ci ritroviamo tra i fiori che in questa stagione sono al massimo della loro fioritura.
l’avvicinamento alla cascata purtroppo è viziato dalle nuvole che ci impedisce la vista ma rende ancora più affascinante il paesaggio.
Poco più in là dopo sette kilometri di salita arriviamo alla nostra vetta e decidiamo per il rientro non prima di fare alcune foto a stelle alpine e alla mitica salamandra nera (salamandra atra) parente stretta di quelle che possiamo osservare in pianura e collinacon macchie gialle.
il rientro invece ci regala passate le nuvole un bellissimo scorcio sulla cascata, evidenziando le numerose specie arboree.
Al termine della nostra escursione abbiamo percorso 14 km con un dislivello attivo di 1846 metri in circa 5 ore.
Andrea ci accoglie proprio mentre sta arrivando il temporale, un po’ di vino, formaggio castelmagno, acciughe con il bagnetto verde sono il nostro premio finale.
il suo racconto sulle miniere e sui fatti accaduti nell’800 ci incuriosisce e staremmo ore ad ascoltarlo ma dobbiamo rientrare a casa, è una ottima opportunità per tornare per alloggiare in baita e visitare le miniere.
RIFERIMENTI PER DORMIRE:
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