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Le Langhe sono un territorio del Piemonte situato tra le province di Cuneo e Asti, confinanti con l’Astesana, il Monferrato e il Roero.

Suddivise in:

  • paesi delle Langhe a bassa quota: zona con quote genericamente inferiori ai 600 m; zona di vini e tartufo (rinomato il bianco di Alba).
  • paesi delle Langhe ad alta quota: zona con quote fino agli 896 m. (Mombarcaro); dominano i boschi e la coltivazione della pregiata varietà di nocciole “tonda gentile delle Langhe”.
  • Langhe Astigiane: zona nel sud della provincia di Asti, con un picco di 851 m nel comune di Seròle.

Il 22 giugno 2014, durante la 38ª sessione del comitato UNESCO a Doha, le Langhe sono state ufficialmente incluse, assieme a Roero e Monferrato, nella lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità.

Domenica scorsa messe da parte le scarpe da trekking, si è deciso di visitare alcuni paesi delle langhe ed in particolare CHERASCO, DOGLIANI e VICOFORTE.

L’ètimo del nome langhe (in piemontese indica proprio la collina) è incerto sta di fatto che il paesaggio è un susseguirsi di colline più o meno spigolose e di distese verdi, in questo momento della stagione, ben delineate e regolari di filari e viti.

CHERASCO: arrivati a Cherasco scegliamo il posto dove pranzare così da esser liberi di fare due passi in tutta libertà.

Visitiamo in ordine:

Gli Archi e la Torre civica
L’Arco del Belvedere venne eretto nel 1647 per la fine della pestilenza del 1630. È il simbolo della città. La Torre Civica, è un edificio medioevale come l’annesso palazzo comunale che presenta un raro lunario su un lato e una meridiana sull’altra facciata.

Il Palazzo Gotti di Salerano
Considerato uno dei più belli della città, ospita il Museo civico Adriani. Edificato nella seconda metà del ‘600, con una facciata austera e molto sobria (in cui spicca il bel portale) stupisce per la ricchezza degli affreschi (del cheraschese Taricco) perfettamente conservati e divisi in quattro sale principali. Ospita una collezione numismatica del padre somasco G.B. Adriani di 12.000 pezzi oltre ad altri documenti e opere d’arte locali.

Il Romanico a Cherasco
Chiesa di San Pietro: conserva la facciata originaria del XIII sec con formelle azzurre e archetti pensili in cui trovano posto numerosi particolari reinseriti successivamente, secondo l’uso dell’epoca, tutti da decifrare.
Chiesa di San Gregorio: notevole il campanile romanico di questa chiesa oggi sconsacrata e utilizzata per mostre e concerti.
Chiesa di San Martino: facciata originale e all’interno affreschi del XIII sec. con un bell’organo appena restaurato.

Il Barocco a Cherasco
Il Santuario della Madonna del Popolo (1693), molto scenografico, conserva una statua lignea della Madonna del Rosario (XVII sec) ed è parte dell’ex monastero somasco; la Chiesa di Sant’Iffredo, ricostruita tra il XVI e il XVII sec. conserva l’altare in marmi policromi e affreschi dell’Operti (altro pittore locale, la cui opera migliore è il salone del palazzo Burotti di Scagnello, oggi sede di un ristorante) e oggi ospita mostre. La cinquecentesca Chiesa di Sant’Agostino si accorda architettonicamente con contiguo Arco del Belvedere, notevoli il portale ligneo e all’interno gli affreschi dell’Aliberti e del Taricco e l’altare barocco.

Gli Spalti, il Convento, il viale dei Platani e il Castello
Visitati durante la passeggiata si svolge lungo il perimetro delle antiche mura che guardano la valle del Tanaro. Partenza dall’ex-convento dei Padri Somaschi (oggi bell’albergo di charme), proprio alla fine dell’erta d’ingresso alla cittadina, si arriva ai giardini sulle mura con il Santuario della Madonna delle Grazie (costruito su un antico pilone votivo con un affresco della Madonna col Bambino che parve lacrimare sangue). Alla fine dei giardini il sentiero corre fino all’angolo nord est dove si può agevolmente imboccare il Viale dei Platani che sembra uscito da una storia di fantasy inglese: i platani secolari sono infatti così deformi e cavi da sembrare antropomorfi. Il viale, forse voluto da Napoleone, conduce al Castello Visconteo, eredità rimaneggiata di quello fatto costruire da Luchino Visconti nel 1348. Svoltando a destra del castello nel nuovo viale, si ritorna all’Arco Narzole e quindi nel centro.

Dopo un buon pranzo nell’Osteria Pane e Vino (che consiglio) ci si dirige verso la seconda tappa del tour

SANTUARIO DI VICOFORTE

Due sono gli aspetti che più colpiscono del  Santuario di Vicoforte.

Il primo è scoprire che la sua cupola è la più grande al mondo tra quelle di forma ellittica ed è la quinta, per dimensioni, dopo San Pietro in Vaticano, il Pantheon di Roma, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze e la cupola del Gol Gumbaz in India.

La seconda è pensare alla sua collocazione ed alle sue origini quasi fiabesche.

A Vicoforte si respira l’aria che sta a metà tra quella delle vicine montagne e quella delle Langhe Monregalesi, già perchè sempre di Langhe si tratta, nonostante questa cittadina sia più vicina a Cuneo che ad Alba, cuore delle Langhe e capitale del Tartufo Bianco.

Dedicato alla Natività di Maria Santissima, il complesso “Regina Montis Regalis” è uno dei principali capolavori del Barocco piemontese, stile architettonico affermatosi in Piemonte da fine ‘500 a inizio ‘700 con l’ascesa del regno Sabaudo. Lo stile è caratterizzato da linee sobrie all’esterno delle costruzioni ericchissime e scenografiche composizioni architettoniche all’interno.

Il periodo barocco è un momento storico ricco di novità e sconvolgimenti: le Americhe sono state appena colonizzate, si susseguono guerre dinastiche, la “scienza nuova” di Galileo Galiei scardina dogmi vecchi di secoli, mentre la consapevolezza dell’ uso della ragione avrebbe da lì a poco aperto la strada all’Illumismoscandagliando gli angoli oscuri della conoscenza.

Tutti questi cambiamenti si sarebbero ripercossi da lì a poco nella musica, nella scienza, nella letteratura e nelle arti figurative.

La costruzione del pilone che originò il Santuario si colloca intorno al 1500. Una tradizione tramanda che esso fu l’omaggio di un fornaciaio, su suggerimento della figlia, per ottenere dalla Madonna la grazia del sole: il cattivo tempo impediva una buona cottura dei mattoni necessari per la costruzione del castello di Vico, antico nome di Mondovì.

Il nome deriva infatti da “Mont ëd Vi“, cioè “il monte di Vico” (“Vi” abbreviato): gli abitanti di Vico, ribellatisi al Vescovo d’Asti feudatario del territorio, la fondarono con Monastero e Carassone.

Nel 1592 lo sparo accidentale di un cacciatore, Giulio Sargiano, colpì inavvertitamente l’effigie ormai nascosta dai rovi e dalla boscaglia: tale fatto, seppure accidentale, venne considerato nefasto dalla popolazione già decimata da peste e miseria al punto che  i vicesi si convinsero a chiedere l’aiuto del cielo.

Nel 1594 attorno al pilone fu costruita, ad opera del diacono del vicino borgo di Fiamenga, Cesare Trombetta, una prima cappella in ringraziamento alla Madonna che in breve tempo raccolse intorno a sé un gran numero di fedeli provenienti da tutto il Piemonte.

L’interesse per tale devozione colpì profondamente la moglie del Duca Carlo Emanuele I, figlia di Carlo V di Spagna, che si adoperò per informare i fedeli, al di fuori dei confini nazionali, dei fatti prodigiosi avvenuti intorno a quella cappella.

Persone da ogni dove giunsero sul posto, incrementando ilcommercio, lo sviluppo urbano e le ricchezze al punto che furono necessari opere urbanistiche di importante rilievo, tra cui un piccolo acquedotto, il primo in questi luoghi, per dissetare i fedeli.

una curiosità: all’interno del Santuario e nell’affresco ritornano alcuni numeri dal forte valore simbolico:

Il numero 3

Tre sono i livelli di cui abbiamo parlato: l’attesa, la vita terrena e la contemplazione nella gloria. Tre è il numero perfetto.

Il numero 8

Tale numero  è il numero della salvezza, otto sono i salvati nell’arca di Noè; nell’ottavo giorno Gesù resuscitò dai morti; il sacramento del Battesimo avviene nel Battistero a forma ottagonale: l’otto è il simbolo dell’infinito, vale a dire dell’eternità.

I grandi finestroni ovali sono otto inondano di luce la volta celeste dove 64 (8×8) stelle dorate (a otto punte) brillano d’oro. Otto coppie di angeli adulti  vegliano sulla vita terrena di Maria. Gli otto profeti sono introdotti da una splendida ghirlanda di Angeli.

per il tour guidato ci siamo affidati a Magnificat e con il biglietto di 15 euro abbiamo potuto visitare in tutta sicurezza la cupola con dovizia di particolari passando in luoghi prima destinati solo a personale clericale e manutentori. Una bellissima esperienza da zero a 60 metri d’altezza compiendo 266 scalini. Consigliato!

Salutata il Santuario verso la strada di casa ci siamo fermati a fare un giro a DOGLIANI, patria del dolcetto, che abbiamo potuto gustare in una bella piazzetta nel bel vedere del Castello, in cima al borgo dove si trova anche una big bench all’ombra di un secolare ippocastano, vicino alla torre secolare.

il viaggio si conclude con un passaggio in auto lungo le colline, attraversando Barolo e i paesi più conosciuti delle Langhe.

VAL GERMANASCA

un tempo nota come Val San Martino, è una valle alpina collocata nella città metropolitana di Torino, diramazione della val Chisone.

La valle è una diramazione della più ampia Val Chisone, alla quale si unisce all’altezza di Perosa Argentina, in bassa valle. Arriva fino a quota 1500 metri nella conca di Prali. Si dirama, lungo il suo percorso, in vari valloni laterali, dei quali il più importante è il vallone di Massello.

La valle è percorsa dal torrente Germanasca, tributario alla destra orografica del Chisone.

Venerdì scorso mi sono recato a trovare un amico che gestisce una baita nella zona di Massello e ho potuto camminare sui sentieri CAI di questa valle alla scoperta della cascata del pis.

E’ una valle che al mio arrivo percepisco sia carica di storia e i racconti delle persone del posto mi aiutano a comprenderla.

La valle subì un avvicendarsi di occupazioni e dominazioni, patteggiamenti, cessioni, liti che spostavano di continuo i limiti delle varie influenze politico-religiose.

Fin dall’epoca longobarda vi operarono i monaci della potente abbazia di San Colombano di Bobbio ed al suo ricco feudo reale ed imperiale monastico, cui dipese l’abbazia di San Dalmazzo di Pedona, mentre in seguito verso il IX secolo la gestione delle vallate saranno poi organizzata dall’abbazia di Novalesa. Dopo le razzie e le distruzioni da parte dei Saraceni nel X secolo, il territorio passerà nel 1064 all’abbazia di Santa Maria di San Verano (oggi Abbadia Alpina) di Pinerolo, fondata dalla marchesa Adelaide di Susa e dai monaci benedettini della Sacra di San Michele dove un tempo sorgeva l’antica pieve intitolata a San Verano.

L’imbocco della valle era protetto dal forte Luigi, una delle piazzeforti di casa Savoia.

Tradizionalmente la Val Germanasca fa parte delle Valli Valdesi, dove la maggioranza assoluta della popolazione segue il culto Valdese, che si riallaccia a Pietro Valdo, perseguitato come eretico nel Medioevo. Nei confronti di queste popolazioni si alternarono in passato periodi di tolleranza a periodi di persecuzioni.

Nel 1533 i Valdesi vi celebrarono un Sinodo per confermare l’adesione alla Riforma protestante. Nel 1556 fu costruito a Ghigo, frazione di Prali, un tempio per tutti i valdesi dell’alta val Germanasca.

Tra il 1630 e il 1655 la popolazione della valle fu colpita dalla peste e successivamente vide distrutti i suoi insediamenti dalle truppe dei Savoia. Nel 1686 gli abitanti si arresero ai francesi, che avevano già distrutto Angrogna e Torre Pellice. Il tempio valdese fu trasformato in chiesa cattolica.

I valdesi ritornarono dall’esilio di Ginevra nel 1689 (il cosiddetto Glorioso Rimpatrio), ma il comune fu nuovamente occupato dai francesi. Passò poi ai Savoia, che cercarono di riportarvi il cattolicesimo: nel 1767 Carlo Emanuele III fece ricostruire una chiesa cattolica nella frazione Villa.

La valle fu poi occupata da Napoleone e nel 1815 passò definitivamente ai Savoia.

Solo con la “libertà” Albertina del 1848, che concesse a quello valdese il carattere di “culto tollerato”, la valle trovò la pace.

La Baita dove sono ospitato è gestita da Andrea che oltre ad essere un buon padrone di casa è anche una guida ambientale escursionistica esperta e mi da indicazioni utili per passeggiare in tutta sicurezza sui sentieri della valle.

Partenza da Balziglia a 1370 m.s.l.m. per il sentiero 216, le indicazioni e i segnavia a terra sono presenti e ben curati, il paesaggio dopo un primo tratto nel bosco si apre verso la cascata, il rumore dell’acqua e i suoni della montagna si fanno sempre più vivi e la salita seppur impegnativa è piacevole.

Continuando a salire incontriamo un pastore con le sue 1200 pecore, qualche asinello e capra. Ci fermiamo a parlare con lui, i suoi maremmani sono sempre attenti a tutto e ci scrutano. Il suo saluto è un lascia passare ai 7 cagnoni che ci fanno proseguire.

Passo dopo passo raggiungiamo quota 1900 m.s.l.m e ci ritroviamo tra i fiori che in questa stagione sono al massimo della loro fioritura.

l’avvicinamento alla cascata purtroppo è viziato dalle nuvole che ci impedisce la vista ma rende ancora più affascinante il paesaggio.

Poco più in là dopo sette kilometri di salita arriviamo alla nostra vetta e decidiamo per il rientro non prima di fare alcune foto a stelle alpine e alla mitica salamandra nera (salamandra atra) parente stretta di quelle che possiamo osservare in pianura e collinacon macchie gialle.

il rientro invece ci regala passate le nuvole un bellissimo scorcio sulla cascata, evidenziando le numerose specie arboree.

Al termine della nostra escursione abbiamo percorso 14 km con un dislivello attivo di 1846 metri in circa 5 ore.

Andrea ci accoglie proprio mentre sta arrivando il temporale, un po’ di vino, formaggio castelmagno, acciughe con il bagnetto verde sono il nostro premio finale.

il suo racconto sulle miniere e sui fatti accaduti nell’800 ci incuriosisce e staremmo ore ad ascoltarlo ma dobbiamo rientrare a casa, è una ottima opportunità per tornare per alloggiare in baita e visitare le miniere.

RIFERIMENTI PER DORMIRE:

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A spasso in Valle Erro

La Valle Erro è la valle che con il suo torrente: l’erro divide e fa da confine tra l’Alto Monferrato e le Langhe Astigiane.

Un bel sentiero a cura del CAI di Acqui Terme numerato 571 che a partire dal centro abitato di Ponti porta a visitare seguendo le indicazioni bianco e rosse i santuari e le chiese di Montechiaro d’Acqui e S. Anna di Castelletto d’Erro. Volendo si possono fare deviazioni (piccole) per visitare i due centri abitati.

Il trekking intrapreso oggi fa parte del progetto #portalmunfrà e lo potete trovare e scaricare in formato gpx sulla pagina che curo su wikiloc https://it.wikiloc.com/wikiloc/spatialArtifacts.do?event=setCurrentSpatialArtifact&id=52077576

Il paesaggio è bello e variabile, in primavera-estate si passa da boschi arricchiti da ginestre, timo e equisetum con vista sui calanchi a campi di girasole alternati a colline di lavanda e vigne.

Dal punto di vista storico si incontrano molte edicole e chiesette, santuari e chiese barocche.

I segnavia sono presenti su tutto il percorso e la segnaletica a terra è ben visibile.

PAESI E LUOGHI DI INTERESSE:

Castelletto d’Erro 

è un piccolo aggregato rurale della provincia di Alessandria collocato tral’Alto Monferrato e la valle Erro dedito all’agricoltura e alla pastorizia.

Le prime informazioni storiche di Castelletto d’Errorisalgono al 1080 e successivamente al 1169 quando alcuni abitanti del luogo donarono il castello ed il territorio limitrofo alla citta di Alessandria; era soprattutto un punto strategico che, attraverso la torre e le poderose mura, serviva da protezione da attacchi nemici saraceni.

Nel XIII secolo Castelletto d’Erro divenne feudo del vescovo di Acqui e la storia attesta che il vescovo Anselmo da Castelletto autenticò diversi diplomi donati dai vari imperatori. Nel primo periodo del XIV secolo passò nelle mani dei marchesi del Monferrato ma per poco tempo in quanto nel 1343 ritornò ad essere feudo del vescovado acquese.

Nel XV secolo con il trattato di Torino passò sotto il dominio dei Savoia e successivamente la sua storia si uniformò con quella del territorio limitrofo dalla val Bormida; nel 1815 venne decretata la provincia di Acqui con la ripartizione in quattro cantoni tra i quali quello di Bistagno che racchiudeva Castelletto, Ponti, Montabone, Rocchetta Palafea e Sessame.

Dal 1860 con il riordino amministrativo del Regno sabaudo venne inglobato nella Provincia di Alessandria.

Tra i suoi monumenti storici la torre medievale a base quadrata edificata attorno al 1330 circondata dal complesso fortificato con i resti delle possenti mura e delle torrette utilizzate per scopo militari e ornata di archetti. È costituita nell’apertura da una feritoia ed all’interno da due volte a botte di cui una come copertura di una cisterna posta alla base della torre.

La Chiesa parrocchiale dell’Annunziata di epoca tardo rinascimentale ma che ad oggi conserva una struttura più moderna dovuta a ristrutturazioni avvenute durante i secoli; all’interno ospita affreschi del ponzonese Pietro Ivaldi detto il Muto del XIX secolo raffiguranti l’Annunciazione, l’Ultima Cena, le virtù cardinali ed il Battesimo.

Infine di rilevante la Pieve di Sant’Onorato di origine antica con abside rettangolare; al suo interno sono conservate parti di affreschi del XVI secolo raffiguranti un martire in vesti di soldato romano.

PONTI

Le origini del Comune di Ponti risalgono all’epoca preromana secondo alcune fonti la fondazione è contestuale a quella della vicina Acqui Terme (Aquae Statiellae). Durante la dominazione romana al borgo venne attribuito il nome di Pontum, derivato dai ponti che i Romani erano soliti costruire sui rii affluenti del fiume Bormida durante la realizzazione della via Emilia Scauri, della quale si può ancor oggi ammirare una pietra miliare (colonna Antonina) risalente al II secolo D.C. e conservata sotto il porticato del palazzo comunale. La colonna è testimonianza del primo ripristino della via Julia Augusta, importante strada costruita dall’imperatore Augusto in sostituzione della suddetta via Emilia Scauri che conduceva da Roma alla Gallia.

Durante il medioevo, Ponti fu feudo dei Marchesi del Carretto come si evince dagli stemmi di famiglia conservati sui muri di alcune antiche case e sui ruderi del castello situati sulla collina del paese.

La successiva storia di Ponti è molto frammentaria negli archivi storici sono presenti soltanto alcuni atti notarili dai quali si attesta la presenza della famiglia dei Del Carretto ancora come marchesi del feudo fino al XVII secolo e la citazione di Giorgio Guerrieri come signore di Ponti.

Nel paese è situata una targa che suggella il gemellaggio tra il borgo piemontese e la cittadina cosentina di Dipignano avvenuto nel 1974 che rievoca un episodio del lontano 1571 quando un gruppo di calderai di Dipignano furono accolti dal marchese Cristoforo del Carretto che diede loro asilo e viveri in cambio della loro abilità nella preparazione di vettovaglie. Inoltre il marchese regalò un enorme paiolo agli ospiti promettendo di riempirlo di farina se fossero riusciti ad aggiustarlo e così fu il nobile mantenne la promessa donando una ingente quantità di farina di polenta.

Principali emergenze storico-architettoniche da visitare a Ponti

L’attuale Chiesa Parrocchiale di Ponti è dedicata a Maria S.S. Assunta in Cielo, si tratta di un edificio di grandi dimensioni situato a fianco della strada statale (antica Via Napoleonica).
E’ stata costruita tra il 1895 e il 1897 in stile rinascimentale, al suo interno è conservato un artistico coro, composto in parte da specchi e schienali di legno d’America, levigati e lucidati a vernice e un grandioso organo del Montesti  rilevato dalla sinagoga degli Ebrei di Torino nel 1933. Le due navate laterali terminano con due altari in marmo, dedicati l’uno all’Immacolata di Lourdes e l’altro a Sant’Antonio di Padova, Patrono della Parrocchia. Le balaustre dell’altare maggiore e di tutte le cappelle sono in marmo bianco. Nell’abside è conservata un’artistica vetrata ovale raffigurante sant’Antonio.

Il simbolo di Ponti è certamente la Chiesa vecchia anch’essa dedicata all’Assunta che dall’alto domina l’intera vallata.
Si tratta dell’abside dell’antico tempio con tre altari (uno dedicato alla Beata Vergine del Rosario) uno nello sfondo di mezzo e due laterali di stile barocco, davanti ai quali si allungava la costruzione a tre navate. Pare che contenesse più di 1000 persone a dimostrazione dell’importanza storica di questo luogo che pare fu coinvolto nelle lotte contro il paganesimo, l’arianesimo e i musulmani.

Nel 1911 la chiesa vecchia, essendo stata abbandonata per la costruzione della nuova, diroccò in parte. In seguito (1919- 1923) venne ricostruita ad opera di privati, abitanti della regione Chiesa Vecchia che si avvalsero dell’aiuto di tutta la popolazione pontese; purtroppo però l’opera di restauro ridusse di molto le proporzioni dell’antica parrocchiale. Durante la seconda guerra mondiale venne usata come deposito di materiale dall’ospedale della Chiappella di Genova ed in seguito venne occupata da forze naziste e repubblichine che la danneggiarono rompendone la porta e un banco di noce. In seguito al decreto del 27/06/1946 e alla domanda fatta dall’Arciprete, don Testa, per risarcimento danni, venne approvata la perizia del Genio civile di Alessandria dal Provveditorato Regionale alle opere Pubbliche per il Piemonte con decreto in data 29/01/1947, ed autorizzata l’esecuzione dei lavori; essi peraltro, ammessa la loro attuazione, furono di scarsissimo rilievo. Prima di venire parte del Beneficio Parrocchiale, che se ne assume gli oneri, la Chiesa era appartenuta alla Compagnia del Santo Rosario che possedeva qui dei beni (informazioni reperite sul portale del Comune di Ponti).

Da segnalare la bellissima torre campanaria a forma quadrangolare, divisa in quattro ripiani, distinti l’uno dall’altro da cornicioni adorni di archettature in rilievo, con la cella campanaria e la stanza dell’orologio (che era sia meccanico che solare) rischiarate da piccole bifore, conferitoie nelle altre parti e finte bifore e trifore di efficace effetto. La rocca del campanile è sormontata da una cuspide a piramide ottagonale, di mattone rosso, che si alza in mezzo a quattro pinnacoli, dello stesso materiale; cuspide e pinnacoli terminavano con una croce.

A breve distanza dalla chiesa Parrocchiale, sorge l’Oratorio di San Sebastiano, ufficiato, un tempo, dalla confraternita omonima. Lacostruzione della chiesa risale al 1600 circa, come risulta da parecchi testamenti di tale epoca nei quali sono contenute disposizione di testatori che elessero in tale oratorio la loro sepoltura, ed al suddetto lasciarono beni e censi. 

Tale chiesa servì sempre come succursale dell’antica parrocchia, a comodità degli abitanti del borgo, quando quest’ultima era situata sul colle soprastante.

Montechiaro d’Acqui

è un borgo diviso tra la parte bassa di fondovalle e caratterizzata da costruzioni più moderne e la parte alta di epoca antica costruita a difesa dalle incursioni saracene.

Il borgo rurale alto domina l’appennino ligure e le vallate della Bormida e dell’Erro tra la fitta vegetazione di ginestre  e la meravigliosa bellezza dei calanchi. Il centro storico è caratterizzato da un’architettura rurale segnata dall’uso diffuso della pietra arenaria e dalla presenza di portalimedievali, voltoni passanti e strade lastricate in pietra. Questo centro storico è stato scelto nel 1999 come scenario del film “Il partigiano Johnny”, tratto dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio ed è stato definito il più ben conservato centro storico delle Langhe.

Montechiaro ha origini preromane con un ruolo importante sul piano commerciale come stazione di posta lungo la via Aemilia Scauri; nel VII secolo d.C. il borgo è collocato nei pressi della pieve del Caurocome emerge dai resti di ruderi e da un fonte battesimale monolitico custodito all’interno dellaChiesa di Sant’Anna a Piana.

Nel XIII secolo ha origine il borgo di Montechiaro Alto derivato dallo spostamento dei traffici verso la Liguria. Sempre nello stesso secolo il marchese Delfino del Bosco consegna il feudo ad Alessandria,ma dopo poco tempo torna alla sua autonomia sotto il marchesato dei Del Carretto.

Nei secoli successivi Montechiaro venne sottomesso agli Sforza di Milano, agli Scarampi di Cairo, aimarchesi di Canelli fino ai Gianazzo di Pamparato che dopo un atto di fedeltà ai Savoia, mantennero il possedimento del feudo.

Principali emergenze storico architettoniche

Tra le bellezze artistiche da ammirare la Chiesa parrocchiale di San Giorgio del XVI secolo, costruita sulle fondamenta dell’antica Chiesa di Santa Caterina. All’interno sono conservati uno splendido pulpito in legno, una Madonna settecentesca di scuola genovese del Maragliano, colonne in pietra arenaria, altari in stucco e le venerate reliquie delle “Spine della Corona di Gesù Cristo “ che una leggenda narra portate in questo luogo dalla terra santa da un cavaliere crociato.

Da citare l’Oratorio di Santa Caterina che ospita il museo contadino con la presenza di oggetti ed attrezzi agricoli dei secoli passati; sempre di argomento religioso è il santuario della Carpeneta del XVII secolo costruito attorno ad un pilone del XVI secolo a devozione della Madonna della Misericordia raffigurata in un affresco.

Di particolare rilevanza la Pieve di Montechiaro Piana dell’VIII secolo con i suoi resti tra i quali tracce dell’abside in stile romanico, accanto sorge la nuova chiesa di Sant’Anna che conserva al suo interno una vasca battesimale per immersione che era ubicata all’interno della struttura della vecchia pieve.

Montechiaro possiede anche altre singolari bellezze tra le quali la ciminiera di una fornace di mattoni del XX secolo rimasta attiva fino agli anni settanta del secolo scorso e le ville Veirana ed Anna del XX secolo, la prima privata mentre la seconda il stile liberty, attualmente abbandonata, fu durante il secondo conflitto mondiale il quartier generale dell’esercito tedesco di istanza nel territorio.

Tra gli eventi di Montechiaro un cenno particolare merita la fiera del bue grasso a dicembre, una delle esposizioni bovine riconosciute a livello regionale anche per la presenza di prodotti legati allatradizione contadina locale.

da SETTEMBRE 2020 PERCORSO CON ESCURSIONE PIù PRANZO AL SACCO O A SCELTA IN TRATTORIA CONVENZIONATA. PER INFO 3347918068